La Borsa è un luogo dove la memoria si perde in fretta. Sei mesi fa si dubitava perfino che i titoli potessero fare qualcosaltro oltre che scendere, è bastato un movimento continuo di recupero, durato qualche mese, per passare da un estremo allaltro, fino a guardare con sorpresa la correzione dei giorni scorsi, che ha avuto ieri la sua manifestazione più intensa. Tra i risparmiatori sono ritornate vecchie paure e cè chi teme che i rialzi dei mercati siano stati solo una mini bolla che potrebbe velocemente riportare i listini al punto di partenza. In realtà la situazione è molto diversa rispetto ai giorni peggiori della crisi e la chiave di lettura si trova nel mercato obbligazionario.
A marzo i titoli di debito si scambiavano a valori bassissimi, che implicavano pesanti rischi di fallimento e soprattutto, proprio per questi timori, si muovevano allunisono con le azioni. Il timore di crollo del sistema è lentamente sparito e le obbligazioni si sono riportate a valore pieno. Archiviata la paura peggiore, però, adesso entrano in gioco le prospettive, infatti la guida dei mercati è passata dai titoli di debito a ciò che da sempre rappresenta al meglio le speranze di crescita, vale a dire il dollaro americano.
La correlazione tra dollaro e mercati azionari è stata strettissima la scorsa settimana, con i titoli pronti a scendere in contemporanea col rafforzamento del biglietto verde, una situazione tipica di un mercato che non teme più il fallimento ma fatica a trovare la direzione giusta. La cosa è tutto sommato comprensibile, dopo una scossa senza precedenti come quella che ha colpito i valori mobiliari durante i due anni della crisi finanziaria.
Sarebbe strano il contrario, le esitazioni e gli assestamenti sono fisiologici. Una cosa è comunque certa, ancora una volta nonostante i proclami di disimpegno rispetto al dollaro che periodicamente le economie emergenti annunciano, il faro dei mercati si è riportato come sempre negli Stati Uniti.
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