Il risiko delle nuove alleanze: la rivoluzione del dopo-Opel

La sconfitta del Lingotto fa brindare Volkswagen e Ford. E i russi entrano in gioco. Ma ora la guerra si sposta in Sud America. Per la Fiat potrebbe ora riaprirsi il dossier Peugeot-citroen, che vale 3,2 milioni di vetture

Alessio Ribaudo

Dopo la mancata fusione con Opel, per Sergio Marchionne, amministratore delegato del gruppo Fiat, non c’è tempo per riflettere perché, oggi, potrebbe arrivare da New York l’attesa sentenza del giudice Arthur Gonzalez che potrebbe sancire le nozze con Chrysler. Questo «sì» costituirebbe un gruppo da 4,7 milioni di auto vendute nel mondo che collocherebbe il Lingotto al sesto posto nella classifica dei costruttori.

Un risultato che è ben lontano dall'obiettivo ipotizzato dal manager di Torino nel corso di un’intervista all’inizio di dicembre dello scorso anno. «La crisi economica in atto – spiegava Marchionne - porterà a una forte concentrazione nel mercato dell’auto, e fra i costruttori di massa potrebbero sopravviverne solo sei e cioè quelli con una produzione superiore ai cinque milioni e mezzo di unità l’anno. Meglio sei». L’uomo della rinascita di Fiat, per non lasciare nulla d’intentato aveva delineato anche una geografia mondiale dei costruttori. «Entro due anni – ha pronosticato l’ad - potrebbero restare solo sei gruppi: uno statunitense, uno franco-giapponese, uno tedesco, uno in Cina, uno in Giappone e resterebbe uno spazio per uno europeo perché l’indipendenza in questo settore non è più sostenibile».

Il resto è storia dei nostri giorni con il fallimento della trattativa per acquisire Opel che è stata rilevata da Magna Steyr. Una società che, sino ad oggi, non è una produttrice con proprio marchio e rete di vendita ma lo fa per conto terzi e, quindi, non insidierà direttamente i primi costruttori in testa alle classifiche di vendita. Ma di certo non hanno brindato solo i manager austrocanadesi per l’acquisizione di Opel. In Germania, ad esempio, avrà stappato champagne d’annata Martin Winterkorn, amministratore delegato del gruppo Volkswagen. I motivi sono chiari. La casa di Wolsburg con 6,3 milioni di auto vendute è in testa alla classifica di vendite in Europa. Ha una quota di mercato che nel 2008 si è assestata al 10,7%. Se fosse nato il gigante Fiat-Chrysler-Opel, invece, avrebbe perso lo scettro anche nel mercato interno. Il più importante in termini di vendita di tutta Europa. Inoltre, in due mercati in espansione e molto redditizi, come il Brasile e l’Argentina, dove Vw è seconda in classifica, si sarebbe trovata davanti un colosso in grado di monopolizzare il 40% del mercato. In queste settimane, tra l’altro, la casa di Wolsburg sta tentando di fondersi con Porsche per arrivare alla quota di 6,5 milioni di auto e, soprattutto, poter sfoggiare nella sua gamma anche auto prestigiose come la sportiva 911. Strategie di cui adesso si occupa da alcuni giorni Luca De Meo, nominato direttore marketing, e che in Fiat, ironia della sorte, era stato l’uomo del lancio della 500.
Del resto il rilancio dei modelli era nato dalla matita illuminata di un altro ex Fiat, il designer Walter de’ Silva. A lui è stato affidato il centro stile del gruppo che ha dato nuova linfa a modelli fondamentali come la Golf o la Polo. A brindare saranno stati anche gli uomini della Ford Motor Company che hanno, proprio in Europa, una divisione molto importante e che «duella» da sempre con Opel specialmente nel segmento più importante del nostro mercato ovvero quello delle medie. I motivi sono semplici. Se la Fiat che è molto forte fra le city car e le utilitarie avesse armonizzato la sua gamma con Opel che ha i suoi punti di forza nelle berline sarebbe nato una corazzata temibilissima. E gli altri produttori mondiali? Il leader Toyota non ha mai preso in considerazione i «dossier» Chrysler e Opel e il motivo potrebbe spiegarsi col fatto che è già una casa «generalista» e annovera una rete di vendita capillare. Stesso ragionamento per l’alleanza franco-giapponese Nissan-Renault.

Inoltre, l’americana è quella che fra le «tre sorelle» yankee sembrerebbe stare meglio.

Altra via d’uscita potrebbe essere l’alleanza con i francesi di Psa Peugeot-Citroën che valgono un volume di produzione di 3,2 milioni di auto e con i quali c’è già un accordo di produzione per i veicoli commerciali con condivisione di piattaforma e fabbriche. Si dice che Sergio Marchionne giochi bene a carte e a Torino sperano che abbia tenuto ancora degli assi nella manica.

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