Come risolvere gli omicidi con una provetta

«Per i rilievi del caso chiamate la scientifica» è la frase di rito che scatta quando vi è una scena del delitto da studiare e da analizzare. Ed è la frase oggi riproposta per presentare i laboratori della Polizia Scientifica ai Magazzini del Cotone. Sono ben sei, sempre affollati e in spazi purtroppo un po' limitati. Ad una parte espositiva sulla strumentazione, antica e moderna, si accostano le spiegazioni (una ad ogni ora) degli agenti della squadra scientifica ligure. Il laboratorio Sulla scena del crimine, ad esempio, mostra le tecniche per l'individuazione delle impronte digitali e delle «contaminazioni» della scena. Propone anche il modellino che fu realizzato dalla Scientifica di Trieste per l'omicidio Zorzini: un contadino fu trovato ucciso in casa sua. Un giallo durato a lungo, che rivelò un tesoro nascosto dall'uomo nel pozzo in giardino e dei parenti disposti a tutto pur di averlo. Fu questo il primo caso in cui venne utilizzata una ricostruzione della scena del delitto. «Oggi - spiega Daniela Compasso, dirigente regionale del Gabinetto della Polizia Scientifica - si usano tecniche con telecamere digitali che riescono ad effettuare una ricostruzione tridimensionale dell'intera scena. Son stati fatti molti progressi da quando la polizia scientifica nacque nel 1903». Prima di allora non esistevano le cosiddette «banche dati» e dunque non si poteva sapere se un sospettato avesse dei precedenti.

Così come si era ben lontani dalle modernissime banche dati sulle armi, che permettono oggi a Polizia Scientifica e Carabinieri (per una volta in collaborazione) di stabilire le correlazione tra differenti casi. Infine un messaggio non solo per i visitatori del Festival: «In tutta Europa si è diffusa anche una banca genetica. Importantissima. Peccato che l'Italia in questo sia tra le poche ad essere rimasta indietro...».

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