di Ennio Montagnani
La riforma della pensione integrativa non sembra essere partita con il piede giusto. Almeno per quanto riguarda i rendimenti in tasca ai lavoratori. Infatti tutti coloro che hanno optato per il passaggio del Trattamento di fine rapporto maturato (Tfr) in una delle tre forme di previdenza integrativa (ovvero fondo negoziale, fondo pensione aperto o Pip) dal 30 giugno 2007 a oggi non possono essere soddisfatti di quanto accantonato. I numeri parlano chiaro. Nel 2008, i fondi pensione negoziali hanno perso in media il 6,3%, i fondi pensione aperti il 14% mentre i piani individuali di previdenza di tipo assicurativo (Pip) hanno lasciato sul terreno il 24,9% del loro valore: negli stessi 12 mesi, dal gennaio a dicembre 2008, la rivalutazione netta del Tfr è stata pari al 2,7%. Nel primo trimestre del 2009, ovvero dal 1° gennaio al 31 marzo, mentre il Tfr netto si è rivalutato di un ulteriore 0,3%, i fondi pensione negoziali hanno perduto ancora l’1%, i fondi pensione aperti il 2,2% e i Pip (Previdenza assicurativa) il 4,6%. Insomma, come dire che nei 15 mesi che vanno dal primo gennaio 2008 al 31 marzo scorso, i fondi negoziali hanno accantonato una pensione integrativa del 10,1% inferiore al Tfr netto, i fondi pensione aperti una pensione di scorta più bassa del 18,4% del Tfr, mentre per i Pip il deficit è addirittura del 30,4%. Questi dati sono ricavati dalla relazione ufficiale aggiornata al 31 marzo 2009 disponibile sul sito della Covip. La Commissione di vigilanza dei fondi pensione è l’Autorità che ha il compito di controllare le forme pensionistiche complementari istituite in Italia e di perseguire la trasparenza e la correttezza dei comportamenti.
Inoltre, vigila sulla sana e prudente gestione delle predette forme, avendo riguardo alla tutela degli iscritti e dei beneficiari e al buon funzionamento del sistema di previdenza complementare. Sistema che in Italia è articolato in tre diverse tipologie di prodotti: i fondi pensione chiusi o negoziali (Fpn), i fondi pensione aperti (Fpa) e i piani individuali di previdenza (Pip). I primi sono dedicati ai lavoratori appartenenti a un’unica categoria di dipendenti (chimici, metalmeccanici, energetici, ecc.) o che hanno residenza in una specifica regione d’Italia (per esempio Trentino Alto Adige piuttosto che la Lombardia). I fondi pensione aperti, invece, sono aperti (da qui il nome) a tutti i lavoratori, siano essi dipendenti o autonomi, di qualsiasi categoria o regione.
Lo stesso vale per i Pip che si differenziano dai Fpa per il fatto di essere venduti dalle compagnie di assicurazione (mentre i Fondi pensione aperti sono distribuiti da banche e società finanziarie indipendenti).
Ma torniamo alle performance perché, se è vero che le medie viste sopra forniscono un’indicazione di come sono andate le cose ai lavoratori che hanno scelto una delle tre forme di previdenza integrativa, è altrettanto sacrosanto che esistono forti differenze a seconda della tipologia di linea scelta. Per esempio, tra i fondi negoziali, nel 2008 mentre le linee obbligazionarie miste hanno perso il 3,9%, quelle bilanciate hanno lasciato sul terreno il 9,4% e le azionarie addirittura il 24,5%. Nello stesso arco di tempo, invece, le linee obbligazionarie pure hanno guadagnato l’1,6% e quelle garantite (che sono quelle che più si confrontano con il Tfr netto) hanno messo a segno un guadagno medio del 3,1%. Stesso discorso per i comparti dei fondi pensione aperti dove, a fronte delle perdite registrate dagli obbligazionari misti (-2,2%), dai bilanciati (-14,1%) e dagli azionari (-27,6%), spunta un rialzo dell’1,9% per i comparti garantiti e un apprezzamento di valore del 4,9% per le linee obbligazionarie pure. Infine, e siamo nell’ambito dei Pip, rispetto a un guadagno ottenuto dalle linee obbligazionarie (2,7%) e dalle gestioni separate (3,5%), emergono perdite per le linee flessibili (-6,2%), le bilanciate (-16,2%) e le azionarie (-36,5%). Le differenze di rendimento sono spiegabili in base ai titoli nei quali investono le linee: le linee bilanciate e, soprattutto, azionarie mettono in portafoglio azioni e titoli più esposti alla Borsa che, nel 2008, ha subito un pesante ridimensionamento. A questo proposito è sufficiente osservare l’indice Msci World che misura le performance delle Borse mondiali, sceso lo scorso anno del 39,8%. Stesso discorso nei primi tre mesi 2009 durante i quali l’Msci è arretrato di un ulteriore 8,5%.
Ma le Borse sono imprevedibili e dopo aver toccato un minimo a marzo hanno invertito la rotta permettendo anche alle linee bilanciate e azionarie di avere rendimenti positivi. I dati provvisori, aggiornati al 31 maggio 2009, parlano infatti di un guadagno medio del 2,2% per i fondi negoziali, del 2,7% per i fondi pensione aperti e un 3,1% per i Pip.
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