Roma - La soluzione al nodo dell’articolo 18, passa per l’arbitrato. Oppure per un accorciamento drastico dei tempi dei processi nelle cause per licenziamento. In sostanza, il compromesso tra il governo Monti e le parti sociali sulla flessibilità in uscita, dovrebbe arrivare non tanto da una novità, quanto dalla piena attuazione di una riforma che porta il timbro del governo di centrodestra.
Il segnale che il governo si sta muovendo in questa direzione è un po’ nascosto tra dichiarazioni rilasciate ieri dal ministro del Lavoro Elsa Fornero al question time della Camera (le interrogazioni parlamentari a risposta immediata).
In sintesi: l’esecutivo si attiverà per attuare la delega lavoro del 2010, in particolare quando prevede che, nelle controversie tra il datore di lavoro e il suo dipendente, si possa ricorrere ad un arbitro che prenda una decisione vincolante e in tempi brevi. «Ho ben presente l’importanza dell’istituto, e non intendo essere passiva», ha assicurato Fornero. E il riferimento è al fatto che la delega lasciava alle parti il compito di attuare il rafforzamento dell’arbitrato attraverso i contratti di categoria. E, in mancanza di questi, il dicastero può intervenire con un decreto.
L’incontro governo-parti sociali che si terrà oggi, sarà la prima occasione per fare il punto. «Porrò alle parti sociali la questione, sapendo che, trascorsi sei mesi, toccherà al ministro attivarsi per dare attuazione a questo istituto». Una sfida a sindacati e Confindustria che, nel marzo scorso, hanno siglato un «avviso comune» che esclude gli arbitrati, in particolare nei casi di licenziamento.
Proprio ieri Cgil, Cisl, Uil e le associazioni datoriali si sono incontrate per un «giro di tavolo» di vigilia, in vista dell’incontro con il governo che si terrà oggi. Tra le materie discusse, anche la riduzione dei tempi della giustizia nelle cause di lavoro. Un tema solo apparentemente neutro. Il compromesso tra l’ultimatum di Fornero (imporre per decreto l’arbitrato) potrebbe essere una corsia preferenziale per i processi in caso di licenziamento. Trenta giorni al massimo per decidere se sono legittimi o no. Un vantaggio per i lavoratori, ma anche per le imprese che si ritrovano spesso a dovere reintegrare dipendenti anni dopo il licenziamento.
Altra partita importante, quella sugli ammortizzatori sociali. Confindustria e i sindacati sul tema la pensano allo stesso modo e una parte importante del confronto con il governo è proprio sui progetti di riforma della cassa integrazione. Il governo non ha intenzione di rinunciare alla riforma degli ammortizzatori, ma è praticamente scontato che accetti l’idea delle parti sociali di una moratoria. Due anni con la vecchia Cassa integrazione, in attesa di una riforma più radicale.
La trattativa è più che aperta. I sindacati temono che Confindustria torni a chiedere misure più drastiche sull’articolo 18 dello statuto. «Siamo contrarissimi a modifiche. Speriamo di convincere Confindustria a non farsi accalappiare da discorsi che servono solo a creare polveroni e non a risolvere i problemi», è l’avvertimento del leader Cisl, Raffaele Bonanni.
Alla fine dell’incontro di ieri non c’è stato nessun documento conclusivo comune. «Non vogliamo fare la guerra dei documenti», ha spiegato la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia. Nessun cenno al possibile compromesso sull’articolo 18. Nelle trattative, il punto di caduta non si rivela mai.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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