Rissa continua a sinistra Di Pietro smonta Bersani

Sorpresa in aula per il colloquio fra il premier e l'ex pm. Che poi spara sugli alleati: "Non abbiamo un programma né un capo". Bersani si infuria: "Se non sono un leader perché vinco nei sondaggi?"

Rissa continua a sinistra 
Di Pietro smonta Bersani

Roma - Alle cinque della sera, il faccia a faccia che non ti aspetti. Silvio Berlusconi lascia gli scranni del governo e si siede accanto ad Antonio Di Pietro, in prima fila. Il gran capo dell’Italia dei Valori è al telefono. «Posso spiarti un po’?», gli chiede il Cavaliere mentre l’altro riattacca. I due chiacchierano fitto per un quarto d’ora buono. Il premier gesticola, l’ex pm annuisce, ogni tanto sorridono. Sembrano amiconi. Alla fine il Cav fa il vago. «Che ci siamo detti? Niente», e se ne va tutto allegro. Il leader si rifugia invece in una dichiarazione dal sapore diplomatico: «Mi ha detto che il suo governo fa del bene al Paese. Ho risposto che, se davvero vuole il bene del Paese, si dimetta».
Un’ora più tardi, il Di Pietro che non ti aspetti prende la parola e semina il panico nel Pd. Comincia chiedendo al premier «di portare in Parlamento leggi che servono al Paese e non più leggi ad personam», poi però piega subito attaccando quelli che dovrebbero essere i suoi alleati. «Berlusconi ha detto una cosa che deve farci riflettere, che in Italia ci sono tre-quattro opposizioni. E noi che facciamo?». Nulla, è l’implicita risposta. «E invece dobbiamo raccogliere la sfida e preparare adesso l’alternativa vera a questo governo che per due anni non si schioderà. Non possiamo limitarci a chiedere un voto pro o contro Berlusconi. Comincia tu, amico Luigi, spetta a te, leader del partito di maggioranza relativa, l’onore e l’onere di convocarci».
Cala il gelo tra i banchi della sinistra. Qualcuno grida «ti sei messo d’accordo con il Cavaliere». Di Pietro non perde la calma. «Dobbiamo chiarirci molte cose - riprende -. Qual è il nostro programma, la nostra coalizione, il nostro modo di scegliere la leadership? Io non lo so che cosa offriamo come alternativa perché non ho ancora avuto una riunione con gli altri segretari dell’opposizione». E ancora: «Su che cosa faremo le primarie? Con quale programma e per chi? Su questo punto di chiarezza ne serve molta, per evitare salti nel buio». Qui si nasconde il siluro contro l’emergente Nichi Vendola: «La gente non condivide la politica dell’illusione, Non me la sento di dire ai cittadini di votare un leader senza che dica dove ci porta, eleggendo magari un oscuro premier che parla bene e affabula tanto, ma che non so se ha in capo un mondo liberale, di economia basata sulla libera concorrenza, sulla meritocrazia, sull’efficienza del servizio pubblico».
Adesso, dice ancora Di Pietro, sotto i cieli della minoranza c’è ancora troppo caos. «Io non ci sto più a farmi dire che bisogna mettere insieme con grande capacità la difesa delle fasce deboli della sinistra con la legalità della destra, la solidarietà e il libero mercato». Insomma, conclude, è l’ora delle scelte.
Lo strappo è consumato. Bersani accusa il colpo. «Io non sono un leader? E allora perché i sondaggi mi danno dieci punti avanti a tutti? Caro Antonio, di riunioni ne faremo tante, ma l’alternativa sta lì, sta nel Paese, in una riscossa civica e morale che riesca ad affrontare i problemi del Paese».

In serata la controreplica di Di Pietro, via Tg3: «Belle parole, passiamo ai fatti. Non possiamo costruire un’alternativa aspettando che Berlusconi si sfiduci da solo. Dobbiamo meritarla attraverso un programma. Subito».

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