Cronache

Rissa tra sbandati a Matteotti: «arrestato» chi chiama la polizia

Rissa tra sbandati a Matteotti: «arrestato» chi chiama la polizia

(...) Nel mentre, due poliziotti in borghese si avvicinano, si qualificano e iniziano ad identificare il gruppo di sbandati. Mi chiedono di chiamare comunque il 113 e di chiedere per loro una volante, così faccio e torno al tavolino a finire il mio caffè. Coi miei parliamo di vacanze e, con la coda dell'occhio, seguiamo la scena. Dopo mezz'ora i poliziotti vanno via senza portarsi dietro nessuno. Chiedo loro se pestarsi per la strada non è più un reato, se non lo è bivaccare per terra etc etc. Mi rispondono che no, non è reato pestarsi, purché in due. In tre scatta la rissa. Ma, solo a patto che la polizia arrivi con la rissa in corso. L'ubriachezza, mi dicono, non comporta neanche più una sanzione amministrativa.
Cacciari a Venezia, aggiungono, ha fatto un'ordinanza per il decoro urbano. Ecco, con un'ordinanza potremmo intervenire. Chiedo: ma voi o i vigili urbani? Tutti e due, mi rispondono.
Resto deluso, incazzato con la mia Città ancora una volta. E a questo punto, caro Massimiliano, ti chiamo. Chiamo te, chiamo il Giornale come ultima difesa ad un logica in cui sono cresciuto, in cui sono stato educato. Non mi sento pazzo, non riesco a credere che sia normale accettare bivacchi, che sia normale prendere il cappuccino con gente dalla faccia sanguinante accanto. Non penso che sia normale che la polizia mi dica che non può far niente. Sono stufo di queste risposte. Tu mi dici che, l'ordinanza, il Comune l'ha fatta. Io non ci capisco più molto: il poliziotto mi dice che Genova non ha un'ordinanza che dia loro la possibilità di intervenire, che devo pensare?
Va be’, riprendiamo a parlare di vacanze con mio papà e mia mamma, che vedo una volta al mese quando il giro di boa mi riporta a Genova.
Passano dieci minuti e il clima torna a scaldarsi. Parolacce, spinte e, vai, la rissa! Finalmente ci siamo, non sono più in due a picchiarsi, sono tre, sono quattro, il quinto si aggiunge ora.
Richiamo con fiducia la polizia, spiego loro che questa volta «tecnicamente» è una rissa. Con calma preciso che, secondo me, sempre «tecnicamente», se loro non intervengono e ci scappa il morto, una certa dose di colpa dovrebbero averla pure loro ma, tutto questo, soltanto secondo me, per carità.
Intanto mi avvicino al ring improvvisato e scatto una foto. A questo punto uno dei contendenti, in maglia bianca, mi minaccia. Nella foto resta l'ora, sono le 12.29. Sono passati 90 minuti da quando il primo pestaggio è iniziato.
Da lontano vedo una macchina che sta rientrando al commissariato di Matteotti, faccio segno al poliziotto, lui, in borghese con le manette in mano si avvicina lentamente, un altro, in divisa, arriva verso di noi. Vado da quello in divisa, insieme ad altri avventori, insieme a mio papà e a mia mamma, gli dico che è veramente squallido che la piazza sia ridotta in quelle condizioni, che non è la normalità, che le città civili riescono a tenere l'ordine. Non ho più voglia di forze dell'ordine che mi dicono che non si può far niente. Ora so, da te, caro Massimiliano, che l'ordinanza esiste: gli chiedo di darmi il nome, mostrando al contempo la mia carta di identità per uno scambio, alla pari, delle generalità. Il poliziotto non mi da le sue generalità, mi dice che posso prendere la targa della volante e così faccio (D9117), alza la voce e mi intima di seguirlo in commissariato. Interviene la gente intorno a me chiedendogli se scherza o fa sul serio. Lui se la prende pure con mio padre e intima pure a lui di seguirlo. A quel punto (cuore di mamma!) si getta nella mischia pure mia madre: ma come, non hanno portato dentro i quindici barboni e portano dentro mio marito e mio figlio?
Arriva con le borse della spesa e in borghese un elegante signore, dal distintivo appuntato sulla giacca, capiamo che pure lui è della polizia. Deve essere più alto in grado del poliziotto che mi vuole arrestare e gli dice di riprendere il servizio sulla volante. Con calma, cortesia e competenza, ci spiega le ragioni della situazione e le difficoltà a cui, pure la polizia e le forze dell'ordine, si trovano di fronte.
Un po' frastornati salutiamo e andiamo via.
Ora, dopo i fatti, permettimi, Massimiliano, qualche opinione.
La Vincenzi e la sua giunta hanno tutte le loro brave colpe, confondendo la libertà con l'anarchia, nella loro «Genova dei diritti» che son sempre degli altri.
Vedremo (conto sul tuo aiuto) se c'è un'ordinanza comunale e perché non viene applicata. Ma, al tempo stesso, non posso credere che non esista una legge dello Stato Italiano che consenta alle forze dell'ordine di intervenire di fronte alle situazioni che sopra ti ho descritto.
Caro Massimiliano, perdonami un'ultima nota, seria però. Io ora ho paura. Ti invio la foto che ho scattato.

Custodiscila ad ogni buon conto.

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