Rissa sulla presidenza di Zona. Va in frantumi l’alleanza Pd-Idv

I dipietristi cacciano il loro uomo, votato dai democratici alla guida del quartiere. E chiedono di entrare nella giunta di Palazzo Marino: «Sel è sovradimensionata»

La sinistra esplode in Zona 7, e gli effetti arrivano a Palazzo Marino. La presidenza di quartiere che toccava all’Idv, ma è finita praticamente dalle parti del Pd, era proprio quel che mancava nei rapporti già tesissimi fra dipietristi e alleati, dopo l’esclusione dell’Idv dalla giunta di Palazzo Marino, e il passaggio di un consigliere regionale dipietrista, Giulio Cavalli, a Sel. L’Idv è sempre più irritata, e chiede una rappresentanza in giunta. Lo ha chiesto anche ieri, nel corso di un incontro cordiale ma «franco» (come si dice in diplomazia) fra il sindaco Giuliano Pisapia e una delegazione Idv composta dal numero uno milanese del partito, il commissario Stefano Zamponi, e dal consigliere comunale, Raffaele Grassi. «I cittadini ci hanno votato e noi vogliamo essere coinvolti nel governo della città, non solo nell’indirizzo» dice Zamponi, non facendo mistero del fatto che ci siano alleati «sovradimensionati», come Sinistra e Libertà, che ha due assessori.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso - il Giornale lo ha raccontato due giorni fa - è la Zona 7. Il caso è un classico: per accordi di coalizione la presidenza spetta all’Idv, che ha scelto per l’incarico - più ambito da molti punti di vista rispetto a un seggio in Consiglio comunale - prima un suo esponente non eletto, poi una consigliera che ha fatto il pieno di preferenze, 230: Elena Tagliaferri. Gli alleati di sinistra, guidati dal Pd, la considerano «poco malleabile» e decidono che non va bene. Scelgono di votare un altro. Massimo della perfidia politica: non uno dei loro - un democratico o altro - ma il secondo consigliere dell’Idv, Fabrizio Tellini, molto meno votato (circa 80 preferenze) e della Tagliaferri. L’Idv va (giustamente) su tutte le furie: «L’elezione di un candidato scelto dagli altri partiti della coalizione - tuona Zamponi - non rappresenta l’adempimento di un accordo ma l’ennesima prevaricazione di una coalizione che ha dimenticato, fin dal primo giorno, lo spirito che dovrebbe unirla». Sono «gli elettori, prima ancora che il partito» - scandisce - che hanno indicato nella Tagliaferri «l’unico candidato presidente per la zona 7 di Milano». «Tale indicazione esclusiva – intima – è stata condivisa anche da Fabrizio Tellini che dovrà, conseguentemente, rassegnare le sue dimissioni da una poltrona alla quale ha dichiarato di non tenere». Tellini tentenna un po’, firma lui stesso, con Zamponi, un documento che lo sconfessa, ma alla fine tiene l’incarico.
L’Idv, come promesso, ieri lo ha espulso, prendendo atto che resta «presidente di zona in nome di se stesso». Ha risposto, non a caso, il Pd, con il coordinatore cittadino Francesco la Forgia, che ha derubricato il tutto a «questione interna» al partito alleato, bacchettandolo pure: «L’Idv - ha detto - si sta chiudendo in un autismo politico incomprensibile», mentre ha riconosciuto a Tellini «tenuta e coerenza» promettendogli sostegno.

«Non mi stupirei se dopo un periodo da “indipendente” finisse proprio nel Pd, che in pratica si accaparra una presidenza in più - commenta Marco Bestetti del Pdl - ma la maggioranza già perde i pezzi, se è vero che l’Idv voterà in Consiglio caso per caso». «Non so cosa farà Tellini - conclude - ma certo questa storia dimostra che la presunta superiorità morale dell’Idv è una presa in giro».

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