Ho letto con vivo stupore e profonda amarezza lintervista rilasciata dallavvocato Michele Costa sul Vostro quotidiano. Senza entrare in una polemica che farebbe solo del male a noi e alla memoria di coloro che, come Gaetano Costa e Paolo Borsellino, sono morti per difendere lo Stato, mi preme tuttavia fare delle precisazioni.
Innanzitutto, sul cosiddetto «papello» e sul mio presunto «ricordo tardivo» ci sono delle inesattezze che unattenta lettura delle mie interviste avrebbe potuto evitare di ripetere. Quando, recentemente, ho detto che Paolo mi parlò del «papello», non mi riferivo al documento su cui dal 96 (si veda Panorama) si è cominciato a discutere, ossia dellelenco che sarebbe alla base di una presunta trattativa tra Stato e mafia. Parlavo, sia chiaro una volta per tutte, del cosiddetto «documento dellAnonimo». Lo sanno i giudici e ora, mi auguro, lo sa anche Costa.
In secondo luogo, circa lincontro tra Massimo Ciancimino e mio fratello Salvatore, basta dire che quellincontro è avvenuto «appositamente» in un luogo pubblico, in un bar frequentato da giudici e pm, oltre che da centinaia di altre persone. Non capisco quale sia lo scoop, dal momento che allincontro era presente anche un giornalista. E non capisco in che «modo» questo incontro possa originare un «vilipendio di cadavere», che poi, ricordo, è quello di nostro fratello Paolo.
Costa, purtroppo, non ha avuto laccortezza di verificare i fatti e in più ha pensato bene di aggiungere commenti e ipotesi prive di riscontri, utilizzando così la stessa modalità inquisitoria che tanto critica nellintervista.
Giunta a questo punto, mi chiedo quali siano le oscure «trame dei fratelli Borsellino», come si legge in un titolo virgolettato il cui contenuto non si ritrova nel testo dellintervista.
Io e mio fratello, come credo anche Costa, vogliamo la verità su quanto accaduto negli anni delle stragi. Se qualcuno ha alzato un polverone, questo, purtroppo, è lavvocato Michele Costa.
Distinti saluti
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