Roma

Riti cristiani e leggende del 2 febbraio

Nica Fiori

Tra le ricorrenze cristiane ve ne sono alcune che per secoli hanno rappresentato consuetudini e usanze, dei momenti particolari per la collettività, legati alla religione ma anche al succedersi delle stagioni. La Candelora, che nel calendario tradizionale segnava il passaggio dall’anno vecchio a quello nuovo, ha dato origine a una serie di proverbi che ne testimoniano la funzione di giorno magico, adatto per trarre pronostici meteorologici.
La festività, istituita forse alla fine del V secolo, si può riallacciare all’antico rito romano dei Lupercali, che si celebrava a metà febbraio. Si trattava di un rito di purificazione volto a riacquistare la purezza necessaria per iniziare bene l’anno nuovo. Lo stesso nome februarius era derivato dal verbo februare, che significava purificare o espiare. Momento culminante della festa era quello in cui i sacerdoti, chiamati «Luperci» (lupacchiotti), sacrificavano un capro nella grotta del Lupercale, ritenuta tradizionalmente quella dove Romolo e Remo sarebbero stati allattati dalla lupa. Col sangue dell’animale ucciso essi toccavano poi la fronte di due ragazzi, che detergevano subito dopo con un panno di lana imbevuto di latte. Quindi tagliavano la pelle caprina in piccole strisce per farne delle fruste con le quali, correndo intorno al Palatino, colpivano le donne, in una sorta di purificazione simbolica che garantiva loro la fertilità.
Ovidio riferisce una leggenda fantasiosa che dovrebbe spiegare l’origine di quella strana usanza. Le donne sabine, dopo essere state rapite dai romani per farne le loro spose, erano divenute per lo più sterili. Allora andarono con i mariti in un bosco consacrato a Giunone e la dea fece conoscere il suo volere, parlando attraverso le chiome frondose degli alberi: «Un sacro capro si congiunga con le mogli latine». Un indovino etrusco risolse lo sconcertante enigma: immolò un capro e con la sua pelle fece delle strisce; chiese quindi alle giovani spose di offrire il dorso ai loro colpi. In realtà la festa aveva una connotazione così pastorale da far pensare che fosse anteriore alla fondazione di Roma. Era probabilmente in relazione con il dio dei boschi Fauno, simboleggiato dal caprone. In un secondo tempo al capro venne aggiunto dai sabini il lupo, che simboleggiava un dio infero purificatore e fecondatore, nella figura dei celebranti, detti appunto Luperci.
Quando la Chiesa intervenne, la festa era ancora così radicata che, piuttosto che sopprimerla, si preferì cristianizzarla, mantenendo vivo il significato purificatorio, ma dedicandolo alla Purificazione di Maria dopo il parto. Il suo fondamento si trova nella narrazione evangelica di S. Luca, dove si legge che Maria Santissima portò Gesù 40 giorni dopo la sua nascita al Tempio di Gerusalemme, per riscattarlo secondo la Legge ebraica. In tale occasione incontrò il vecchio Simeone, che predisse la gloria del Figlio e il dolore della Madre. Fissata all’inizio del mese, il 2 febbraio, la festa cristiana fu detta poi «delle candele», e popolarmente Candelora, perché caratterizzata dalla benedizione dei ceri, che i fedeli portavano in processione come simbolo del battesimo. A Roma, nel Medioevo, la processione partiva da Sant’Adriano e attraversava i fori di Nerva e di Traiano, attraverso il colle Esquilino, per raggiungere infine la basilica di Santa Maria Maggiore. In seguito si spostò intorno a San Pietro. I ceri benedetti vengono custoditi gelosamente in casa: ad essi si attribuiscono particolari poteri contro gli influssi maligni.

Possono essere accesi, invocando la protezione divina, in momenti difficili, in particolare al capezzale di un moribondo, per allontanare con la loro luce la morte, o durante un temporale per placare la natura infuriata e preservare il raccolto.

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