Il ritocchino alla carta d’identità Rischia l’arresto per amore

È la cultura egemone del ritocchino. In attesa che qualcuno ci ritocchi finalmente dentro, rimodellandoci con lineamenti da persone umane, restiamo ossessivamente concentrati sul fuori. A livello esteriore, possiamo dirlo senza peccare di presunzione, le stiamo veramente provando tutte. Una signora di Riccione si è spinta oltre il bisturi, oltre il silicone, oltre il botulino: con un semplice tratto di penna, è salita sulla macchina del tempo ed è planata avanti di cinque anni. Dal 1953, anno effettivo della sua nascita, si è ripartorita nel 1958. Come tutti abbiamo sperimentato su pagelle e diari, passare dal tre all’otto è graficamente un gioco da ragazzi. Così si chiude il cerchio. Tanto basta per cambiare vita, umore, autostima e affrontare più sicuri la dura prova del duello amoroso, soprattutto quando l’altro duellante è più giovane e gradisce poco il genere babbione.
Sembra una storia di estrema provincia, la storia di un’Italia minore che traffica in sentimenti e in vanità senza più limiti e ritegni. Potremmo pure attaccarci sopra la morale dell’essere e dell’apparire, del nefasto mutamento di valori determinato da quest’epoca cialtrona, fondata sul velinismo e sul tronismo, sul culturismo e sul piacionismo, in una parola sul bieco vuotismo.
Almeno stavolta, diamo tutto per risaputo. Restiamo alla pura osservazione di costume, e proviamo a comprendere che cosa passi nella testa di una signora matura, considerata attraente e giovanile, titolare di attività commerciale in una città florida come Riccione, che un giorno prova a ritoccare la propria storia. Innamorata di un uomo con qualche anno in meno, questa signora non si basta: teme che la differenza di età, ma soprattutto la sua allarmante prossimità al vergognoso traguardo dei sessant’anni, in qualche modo la rendano inadeguata. Si sente un po’ «game over». Per molto meno, battaglioni di italiane - e pure di italiani - non esitano: ci vuole il ritocchino. Ci sono momenti in cui aiuta più un ritocchino di qualunque psicanalista e di qualunque filosofia orientale.
Il ritocchino che la tardona di Riccione decide per sé non è affare da chirurgo. Fa tutto in proprio. Una denuncia di smarrimento della carta d’identità, il rilascio di un duplicato. È come barare al gioco, la signora gioca con una carta nel polsino. Quella ufficiale e regolare, il duplicato, riporta data di nascita 1953, quella fintamente smarrita diventa invece - dopo abile ritocchino - il miracoloso elisir di gioventù, meglio di qualunque pozione e di qualsiasi liposuzione: su questo documento tarocco, il documento dei suoi sogni e della sua fantasia, risulta nata cinque anni dopo.
A quanto si racconta in Riviera, pare che l’amato creda molto all’ipotesi farlocca del 1958, perché lei dimostra tranquillamente la classe 1958. Il che spiega già quanto sia assurda l’intera vicenda: una donna che dimostra 53 anni di suo, dunque piace come una 53enne e può esistere tranquillamente come una 53enne, è costretta a regolarizzare burocraticamente - si fa per dire - la sua età effettiva di 58enne per sentirsi adeguata alla vita. Per sentirsi più sicura. Per illudersi di cambiare almeno un poco il proprio destino. Il segreto, forse, è mentirsi fino a convincersi.
Disgrazia vuole che un carabiniere fermi la signora a un normale controllo. Lei mostra il permesso di guida provvisoria (cos’è, anche la patente smarrita scopo ritocco?), assieme alla carta d’identità con ritocchino. I due documenti divergono: nata nel 1953, nata nel 1958. Probabilmente una distrazione, forse ormai l’abitudine di sentirsi quella del ’58. All’istante, diventa quella che viene condotta in caserma e rischia l’arresto. I carabinieri, che in caso di documenti falsi possono scegliere, dimostrano molto buon senso: di fronte alla donna in lacrime, che racconta come sia finita solo per amore nell’umiliante vortice del ritocchino, preferiscono ripiegare sulla semplice denuncia.
Giustizia giusta. La signora dalla doppia carta d’identità, ma soprattutto dalla patetica doppia identità, ha già abbastanza problemi suoi. Non serve infierire. Non ha bisogno di un processo penale.

Da qui in avanti, l’attende un processo ben più impegnativo: il naturale e umanissimo processo d’invecchiamento, che finora non ha saputo affrontare. Forse è giunto il momento di un altro ritocchino, il più serio e il più utile, l’ultimo e definitivo: si faccia dare il numero di un buon chirurgo dell’anima.

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