Quanta nostalgia nella redazione del Fatto Quotidiano. Marco Travaglio e compagni sentono letteralmente la mancanza del tanto odiato Silvio Berlusconi. da quando non è più presidente del Consiglio dev'essergli venuta a mancare quella verve che nei mesi scorsi li spingeva ad attaccare, insultare e sputtanare il Cavaliere. A volte la mancanza fa brutti scherzi. A volte la mancanza porta a vedere una persona laddove non c'è. Ed è così che il quotidiano diretto da Antonio Padellaro se ne esce in edicolo con un titolo cubitale Il ritorno del Caimano. E spiega: "Berlusconi impone a Monti il voto di fiducia temendo smottamenti nel Pdl. Eppure, Ici a parte, ha ottenuto tutto: niente Irpef, niente patrimoniale, una tassazione ridicola sui capitali scudati, le nuove frequenze tv regalate e la stangata sui pensionati".
Non vedevano l'ora di tornare ad attaccarlo. Difficile farlo di questi tempi visto la scelta di Berlusconi di fare un passo indietro econsegnare il timone del Pdl al segretario Angelino Alfano ("Con lui siete in ottime mani", aveva detto il premier stesso). Ma anche questo non va bene al Fatto. E Travaglio passa subito all'attacco accusando Berlusconi di essersi dimesso per salvare le proprie aziende. "Un mese fa i titoli in Borsa delle sue aziende colavano a picco peggio degli ascolti di Minzolingua - scrive nell'editoriale di oggi - un disastro totale: politico, finanziario, aziendale, processuale, sessuale, planetario". E adesso? Adesso, a detta di Travaglio, Berlusconi sta meglio che in Paradiso: "Del lavoro sporco, tipo piangere in diretta e far piangere gli italiani onesti, s'incarica Monti, avendo cura di non uscire dalla road map indicata dal Caimano: niente patrimoniale, niente Ici alla Chiesa e manco a parlarne di far pagare a Mediaset le nuove frequenze tv". E' proprio questa la tesi che circola in certi ambienti di anti berlusconismo militante: dietro alla manovra di Mario Monti che chiede agli italiani "sacrifici acuti" per riuscire a uscire dalla crisi economica e riportare l'Italia tra i Paesi leader dell'Europa, ci sarebbe lo stesso Berlusconi che a novembre ha lasciato Palazzo Chigi dopo le continue pressioni del capo dello Stato Giorgio Napolitano, dei pesanti attacchi della stampa nostrana e pettegola, degli sgambetti burocratici orchestrati dall'opposizione di centrosinistra. Eppure Travaglio sembra convinto che, dietro a tutto, c'è sempre e comunque Berlusconi.
"Il nome di chi ci ha trascinati al fallimento dopo tre anni di sgoverno rimane un mistero doloroso: Monti continua a inchinarsi dinnanzi a Letta e a B. - continua Travaglio - e così, mentre gli altri piangono, lui fotte". E così il vicedirettore del Fatto raccoglie l'occasione per tornare a parlare del processo Mills, del caso Mediaset, della "telefonata rubata Fassino-Consorte". E accusa: "Prepara la campagna elettorale travestito da 'padre nobile del Pdl (...), intanto manda in fumo i suoi processi con manovre dilatorie che grdano vendetta". Insomma, dietro a qualsiasi cataclisma c'è sempre e comunque il Cavaliere. Il mancato inasprimento dell'Irpef, chiesto e ottenuto da Alfano, diventa l'occasione per insinuare che a orchestrare tutta la manovra è stato l'ex premier. Non importa se Monti ha accontentato anche il Pd facendo passare l'una tantum sui capitali già scudati. Non importa se il Professore sta cercando la via della concertazione coi partiti aperti al dialogo per riuscire a presentare alle Camere un decreto che sia condiviso da un maggior numero di parlamentari. Il leader Idv, Antonio Di Pietro, ha già fatto sapere che non voterà mai la manovra economica così com'è stata presentata ieri. Rientra tutto nel dibattito parlamentare.
Non per il Fatto: se l'ex pm grida contro le misure "ingiuste e inique", passa sotto silenzio; se il Pdl chiede l'eliminazione dell'inasprimento dell'Irpef, dietro c'è un patto carbonaro tra l'ex premier e il nuovo premier. Un'ossessione per il Cavaliere o una strategia di marketing per vendere più copie?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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