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Il ritorno della Pennetta: battuta la Venere nera

Dalla crisi per la fine della love story con Moya alla finale del torneo di Bangkok: la resurrezione della brindisina che ha battuto Venus Williams, ex regina del tennis oggi numero 8 del mondo

Ha smesso di gridare vamos, ma ha ricominciato a vincere. Perfettibile equazione tra vita privata e tennis quella di Flavia Pennetta che è arrivata in finale (oggi contro la cinese Chang Yung-Jan) al torneo di Bangkok, dopo aver battuto Venus Williams, regina di Wimbledon e numero otto al mondo. 6-4 7-6 il conto finale presentato dalla brindisina alla stella di Lynwood che, è vero, nei tornei minori è più gatta morta che pantera, ma non è proprio il caso di fare gli schizzinosi visto che a Seul, nemmeno tanto tempo fa, proprio Venus stese con un doppio 6-2 Flavia in semifinale. La Pennetta, appena tornata sotto la boa delle prime 50 (è numero 49) ha chiuso al terzo match point in un tie break avvelenato (10-8), dove Venere ha sprecato il secondo set point della partita (il primo sul 6-5) prima di andare a rete e stringere la mano alla ragazza venuta grande guardando Monica Seles. Il padre Oronzo le regalò la prima racchetta a cinque anni, lei ci prese gusto, campionessa italiana under 14 di doppio nel ’96, poi l’accoppiata under 16 dell’anno dopo (singolo e doppio), una scalata terminata con l’approdo tra le professioniste. Mica facile, però. Quando a 18 anni pianta la sua bandiera nel tennis che conta sbatte subito il muso: tenta la qualificazione nei tornei dello Slam e a Roma ma resta fuori dai cancelli del tabellone principale. Nel 2002 comincia a mordere qualche torneo in giro per il mondo, chiude al numero 95 e fa una promessa. Più a se stessa che agli altri: «Entro la fine del 2003 voglio entrare nelle prime cinquanta giocatrici». Appuntamento solo rimandato. È bella Flavia e non dimentica mai di essere donna, nemmeno quando strappa il suo rovescio bimane. La notano in tanti. Tecnici e soprattutto giocatori. Le players lounge sono meglio di un’agenzia per cuori solitari e far girare il gossip nel circuito è un attimo: «Flavia ha una storia con Moya». Carlos Moya, spagnolo, già numero uno del mondo, corpaccione con faccia alla Banderas nato a Palma di Maiorca. Insomma, un figo. Lei è al terzo flirt con un collega, lui sciupa più femmine che asciugami. Si lumano, mettono su casa a Palma, Flavia molla l’Italia e va ad allenarsi in Spagna, all’accademia di Antonio Sanchez e Paco Casal. Si scambiano sms roventi, per i 29 anni lei gli regala una serata in una limousine-suv. A bordo ci sono torta, champagne e amici. Fuori, le luci di Manhattan. Vipperie. Ma gli insegna anche a giocare a burraco, hai visto mai che torni utile nelle tre sere all’anno che stanno a casa. Quando si mettono insieme, lei è la fidanzata di Moya. Passa il tempo, lo spagnolo scompare nelle retrovie, Flavia comincia a vincere (nel 2004 a Sopot il primo successo), scala le classifiche e i ruoli si invertono: «ecco Moya, il fidanzato della Pennetta». Nel 2006 Flavia vince la Fed cup in maglia azzurra, si arrampica fino al numero 18. Anche Moya risale la corrente. «Ci sposiamo? Se Carlos me lo chiede, sì». Non solo non l’ha fatto, ma l’ha anche mollata. Beccato dagli acchiappa vip tra le braccia di Carolina Cerezuela, volto della tv spagnola, Moya ha fatto saltare i piani della ragazza di Brindisi. Ma Flavia, testarda e lontana parente di quella bambina che a Monopoli, era il suo primo torneo, fu portata in ospedale dalla mamma per una crisi d’ansia, ha ricominciato a vivere.

E ieri se ne è accorta anche Venus.

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