Il ritorno in piazza di El Baradei spiana la via ai Fratelli Musulmani

Obama scarica Mubarak e il Nobel per la Pace si candida: «Pronto a fare il presidente». Ma rischia di fare un favore agli islamisti amici dell’Iran

Il ritorno in piazza di El Baradei spiana la via ai Fratelli Musulmani

Ci siamo. Il Nobel per la Pace Mohammed ElBaradei è pronto a diventare lo “spicciafaccende” dei Fratelli Musulmani, la controfigura a cui far smantellare l’Egitto di Mubarak prima della vera rivoluzione. In Iran nel 1979 l’ingrato compito tocca al primo ministro Shapour Bakhtiar. È lui dopo la fuga dello Scià a permettere il rientro di Khomeini, sciogliere i servizi segreti e rimettere in liberta i prigionieri politici. Per tutto ringraziamento Khomeini lo costringe all’esilio e lo condanna a morte. Trentadue anni dopo la storia sembra ripetersi.
Tutto inizia ieri pomeriggio quando l’ex direttore della Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica annuncia d’esser «disponibile» ad assumere la presidenza dell’Egitto «per un periodo di transizione che faccia da “ponte” verso la democrazia». ElBaradei afferma di aver ricevuto l’investitura «dalla gente che ha organizzato queste dimostrazioni», di voler dialogare con l'esercito e di aver chiesto a Barack Obama (che ieri al telefono con i leader turco, saudita, israeliano e britannico ha caldeggiato per l’Egitto una «transizione ordinata» facendo capire di voler scaricare Mubarak) di premere sul raìs per convincerlo ad andarsene il prima possibile. Dietro l’annuncio si nasconde l’accordo con il cosiddetto Fronte Nazionale per il Cambiamento, l’eterogenea unione delle varie organizzazioni anti Mubarak a cui partecipa anche la Fratellanza Musulmana. Quell’accordo è dunque un frutto avvelenato. A differenza delle altre organizzazioni i Fratelli Musulmani sono gli unici a possedere una struttura clandestina, attiva in tutto il Paese. Non a caso la notte precedente le cellule armate dell’organizzazione hanno attaccato quattro carceri liberando, oltre a qualche migliaio di criminali comuni, anche sette dei propri capi e una trentina di altri dirigenti. Non a caso mentre ElBaradei ritorna con i manifestanti di piazza Tahrir Mohammed Moursi, uno dei capi liberati la notte prima, racconta ad Al Jazeera come è stato tirato fuori di galera dai suoi fratelli armati.
L’uscita allo scoperto dei Fratelli Musulmani minaccia di vanificare la mediazione del presidente del Parlamento Fathi Sorour che promette di accogliere il riesame dei giudici sul voto dello scorso novembre conclusosi con l’assegnazione di 410 dei 518 seggi parlamentari al partito di Mubarak.
Il delinearsi di un fronte antigovernativo affidato al debole ElBaradei ma manovrato surrettiziamente dagli integralisti fa ovviamente il gioco degli iraniani, maestri nel farsi gioco dell’ex capo dell’Aiea fin dai negoziati sul nucleare. Non a caso il presidente del Parlamento di Teheran Alì Larijani parla di «nobile rivoluzione» mentre i falchi di regime preannunciano la nascita di un asse islamico capace di riportare «Egitto e Medioriente in linea con i dettami dell’Islam». Teheran sente vicina, insomma, l’occasione per infliggere lo scrollone fatale a quell’Egitto di Mubarak considerato un bastione degli Stati Uniti. E come dimostra la storia recente, la fede sunnita dei Fratelli Musulmani non basta certo a impedire alleanze con gli agenti dell’Iran sciita.
Sayyd Qutb, il maître à penser della Fratellanza Musulmana giustiziato dagli egiziani nel 1966, ha ispirato non solo Al Qaida e l’integralismo sunnita, ma anche la rivoluzione khomeinista, spingendo la Suprema Guida Alì Khamenei a tradurre due dei suoi libri. Non a caso l’Imam Khomeini ha voluto dedicare un’arteria di Teheran a Khalid Islambouli, l’assassino del presidente egiziano Sadat legato ai Fratelli Musulmani e al gruppo integralista di Al Zawahiri, l’attuale braccio destro di Bin Laden. Non a caso i palestinesi di Hamas, figli di una costola della Fratellanza Musulmana, sono i fedeli alleati di un Iran sempre pronto ad aiutare i nemici dei propri nemici.

Non a caso l’attentato a Mubarak del 7 luglio 1995 in Etiopia venne finanziato e appoggiato dagli agenti iraniani che dal Sudan organizzavano e addestravano gli integralisti della Jihad islamica egiziana. Ma stavolta per far fuori il Faraone è sufficiente il sorriso gentile e mellifluo dell’“amico” El Baradei.

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