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Il ritorno in tv di Sgarbi: stipendi d'oro allo staff? No: lavorano tutti gratis

Il Fatto si scandalizza per compensi d'oro dei collaboratori di Sgarbi. Ma inventa le cifre e non sa che per ora lavorano tutti gratis

Il ritorno in tv di Sgarbi: 
stipendi d'oro allo staff? 
No: lavorano tutti gratis

Quando per colpire qualcosa o qualcuno non bastano più le opinioni, allora si inventano i fatti. Come è accaduto ancora ieri, non a caso, al Fatto. Uno dei giornali in prima linea nel tentare di screditare, prima ancora che vada in onda, la trasmissione di Vittorio Sgarbi prevista a maggio su RaiUno.

Che il programma del noto critico-polemista dia fastidio a molti, dentro e fuori i Palazzi più chic e le redazioni più radical, non è un mistero. Ritardi, spostamenti, contestazioni, finti scoop sono solo alcuni dei tanti ostacoli gettati tra le ruote del programma per rallentarlo. O fermarlo. Ieri, l’ultimo clamoroso esempio. Il Fatto Quotidiano - giornale che a dispetto del nome separa accuratamente le notizie dalle opinioni, non verificando le prime e sbizzarrendosi nelle seconde - con un articolo dal titolo «Sgarbi pubblici, collaboratori a peso d’oro» che denuncia i compensi scandalosi dello staff del programma, ha offerto un eccellente esempio di pessimo giornalismo. Raffazzonato e fazioso.

La verità è che autori, redattori e collaboratori di Sgarbi fino a oggi non hanno ancora visto entrare nelle proprie tasche un euro, mentre ne hanno visti uscire, per le spese sostenute, qualche migliaio. E questo per il semplice motivo che fino al momento in cui è uscito l’articolo del Fatto essuno aveva firmato alcun contratto. E senza contratto niente soldi. E se non ci sono i soldi, dove sta lo scoop?

Carlo Tecce sul Fatto ha raccontato che il giornalista del Corriere della sera Carlo Vulpio, capoprogetto della trasmissione, è pagato 220mila euro, più 60mila per le spese. Filippo Martinez, il direttore artistico, 130mila più 40mila di spese. L’attrice Sabrina Colle, la conduttrice, 40mila. Gli autori, tra i quali il sottoscritto, 60mila. E i redattori, cinque giornalisti in tutto, 45mila. Cifre completamente inventate per sollevare un’indignazione pubblica verso una trasmissione politicamente sgradita.

La società Ballandi, che produce il programma, ieri stesso ha smentito il giornale di Padellaro: «Nessuno dei collaboratori e degli autori citati nell’articolo ha fino a oggi percepito alcun compenso, nonostante il lavoro fin qui svolto. Dei giornalisti in forza alla redazione, inoltre, soltanto tre hanno percepito (proprio ieri) il loro primo stipendio mensile, che, per la cronaca, è inferiore a 3mila euro». Per altro, Filippo Martinez non lavora nemmeno al programma. E Sabrina Colle, che infatti ha querelato il giornalista del Fatto, non hai mai dichiarato di partecipare alla trasmissione o anche solo di volerlo fare.

Tornando alle cifre. A titolo di esempio personale, il sottoscritto percepirebbe secondo le fantascientifiche stime del Fatto un compenso di 60mila euro. Per la realtà, invece, non ha percepito nulla, rimettendoci, fino a oggi, le spese per il soggiorno di un mese a Roma (alberghi, ristoranti, taxi), per i trasferimenti Roma-Milano e per seguire in giro per l’Italia Vittorio Sgarbi, personaggio che come è noto predilige lavorare senza orari, senza luoghi e senza appuntamento, preferibilmente di notte, meglio al termine di una giornata estenuante, di solito nelle hall di qualche albergo, o nella casa di famiglia a Ro Ferrarese, o nel suo appartamento romano, o in un noto hotel a sette stelle di Milano, o a casa di qualche amico gallerista, artista, politico o scrittore che abbia avuto la brillante idea di invitarlo a cena, il che può capitare a Salemi dove è sindaco, o a casa del nipote di Testori a Novate Milanese, o al Petruzzelli di Bari dopo la “prima” della Salomé. Da novembre a oggi significa qualche migliaio di euro a fondo perduto. Investiti unicamente sulla fiducia granitica del talento di Sgarbi.

Comunque, per la precisione, il contratto che non ho ancora firmato, prevede non 60mila ma 5mila euro a puntata, per cinque puntate, che significano 25mila euro, lordi, che vogliono dire la metà netti, sui quali, come lavoratore dipendente, pagherò ulteriori tasse. Al netto delle invenzioni di Carlo Tecce sul Fatto, significa, ad andare bene, 10mila euro circa, per diversi mesi di lavoro. Cifra che non può scandalizzare nessuno. Se non i moralisti puritani del Fatto.

Sempre pronti a fare i conti (falsi) nelle tasche, e nelle coscienze, degli altri.

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