Ritratto di un genio fulminato

Robert Mapplethorpe alla Fondazine Forma

Ritratto di un genio fulminato

Indossava un gilet di montone e una sciarpa sbrindellata, collanine ai polsi e intorno al collo, sandali di cuoio ai piedi, era magro e longilineo, i capelli ricci e un ovale da fanciulla. Era un giorno d’estate sul finire degli anni Sessanta, Robert Mapplethorpe aveva appena vent’anni, eppure era già un artista, anche se nessuno, nemmeno lui, avrebbe saputo dire in che senso e di che genere… Faceva lavoretti saltuari e si dilettava a fare collage e a disegnare, era sempre affamato, sempre in bolletta, sempre in cerca d’ispirazione. Avrebbe fatto la sua prima mostra fotografica un decennio dopo, e il suo successo sarebbe stato tanto intenso quanto breve: l’Aids se lo portò via che aveva poco più di quarant’anni.

Adesso la Fondazione Forma per la Fotografia, d’intesa con la Foundation americana a lui intitolata, presenta questa mostra che nel titolo porta semplicemente il suo nome: Robert Mapplethorpe appunto. Si tratta della prima grande retrospettiva su di li ospitata dal capoluogo lombardo: 178 immagini che spaziano dalle prime polaroid agli still-life, ai nudi maschili, agli insoliti ritratti di bambini (piazza Tito Lucrezio Caro 1, tutti i giorni ore 10-20, catalogo Contrasto). Robert Mapplethorpe mantenne sempre, al di là dell’età, delle successive esperienze, delle illusioni e delle delusioni che ne contrassegnarono il passaggio all’età adulta, delle trasgressioni e delle licenze che ne segnarono lo scarto rispetto alla morale corrente, quell’elemento di giovinezza che caratterizza le personalità d’eccezione, la capacità di rimanere fedeli ai grandi miti della giovinezza: le passioni e le dedizioni assolute, la fiducia incrollabile nei propri sogni, la fedeltà a un’idea, un’amicizia, un amore.

All’inizio, c’è un’infanzia normale, in una famiglia piccolo-borghese, dove l’autorità dei genitori non è imposta, ma fa parte del modo di vivere e quindi è ben accetta, dove si studia e ci si impegna, dove si va via di casa relativamente presto, ma non per protesta o in odio ai valori ricevuti, ma semplicemente perché è l’American Way of Life e ciascuno deve camminare sulle proprie gambe… Di famiglia cattolica, il Robert bambino sarà attratto dall’incenso come dalle divise militari, l’idea di farsi prete oppure di essere soldato, e questa componente religioso-guerriera si trasformerà nel tempo in quel’incredibile impasto sadomasochista delle sua fotografia, dove il sesso estremo profuma di morte e di profanazione mentre aspira paradossalmente alla spiritualità. Una delle sue stelle fisse ha a che fare con una linea che da Blake a Milton, e al suo Paradiso perduto, porta poi al Faust di Goethe e al suo patto con Mefistofele.

Robert trovò sé stesso nella dannazione dell’arte, la discesa agli inferi che è meno edificante, ma più elettrizzante, l’impossibilità di farsi Dio e la tentazione di essere comunque il Lucifero degli angeli ribelli… Ciò spiega anche perché dagli anni selvaggi del rock americano, della contestazione e dei figli dei fiori, della cultura della droga e degli eccessi, Mapplethorpe sia stato alla fine risucchiato, sino a morirne. La sua stessa esistenza è del resto lo specchio della vita culturale americana fra i tardi Sessanta e i primi anni Ottanta, quando cioè permangono ancora gli echi della Beat Generation, ma già si impone la Factory di Andy Warhol e la sua idea del “quarto d’ora di celebrità” per tutti, il cinema americano scopre la creatività degli studios indipendenti e alternativi rispetto alle grandi major hollywoodiane, e però prepara la stagione degli “effetti speciali” e delle megaproduzioni successive, la musica celebra i miti di Jim Morrison, Jimmy Hendrix, Jane Joplin, ma avvia il fenomeno della disco-music e del disimpegno più totale…

C’è ancora spazio, insomma, per la creatività e per l’illusione che non sia il mercato a regolare tutto e può accadere che al Chelsea Hotel si paghi l’affitto lasciando in pegno opere d’arte che nessuno però ha ancora ritenuto tali… E’ anche questo a creare una comunità bohémienne di gente che si sente esule nel proprio Paese e affida a un mutuo soccorso interno la propria sopravvivenza. Mapplrethorpe è tuttavia più avanti, consapevole che di lì a qualche anno saranno comunque gli sponsor e i mecenati a garantire l’accesso nel grande mondo dell’arte come business. Lì dove la sua amica Patti Smith crede nel talento, nel sacrificio e nell’individualità, Robert cerca la scorciatoia che ne certifichi il genio senza le limitazioni che la lotta per la pura e semplice sopravvivenza comporta.

La trovò in Samuel Jones Wagstaff jr, collezionista e miliardario, più grande di lui di 25 anni, che fu il suo amante, il suo tutore, il suo finanziatore. Apprendista stregone omosessuale votato alla propria dannazione, Mapplethorpe cercò la perfezione nell’istante, uno scatto breve come un sospiro, come fu in fondo la sua stessa vita.

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