Ritratto «Lui sempre in moschea i figli a giocare tra l’immondizia»

Un musulmano che vive di espedienti, non nuovo a commettere reati e «allergico» alle regole.
Viene descritto così dai suoi vicini di casa, Mohamed Game, il libico di 35 anni che si è fatto esplodere con un ordigno rudimentale nella caserma dell’esercito in piazzale Perrucchetti a Milano. «Non è uno stinco di santo e non so come viveva, ma si accompagnava a personaggi loschi come lui», spiega all’Adnkronos una donna che vive nell’agglomerato di case Aler in via Civitali.
L’attentatore abitava al piano terreno, scala D, in uno stabile in cui la percentuale di stranieri «supera il 90 per cento». Palazzoni popolari, sei stabili di tre o quattro piani ciascuno, ora circondati dalla polizia. L’ultimo incontro tre giorni fa. «Stava accompagnando i figli a scuola», racconta la sua dirimpettaia. «Non mi ha mai salutato, non lo fa mai» racconta ancora spiegando di non sapere come facesse a mantenere la famiglia: la moglie e quattro figli, tra i 2 e gli 8 anni. Bambini «che vivono in cortile tra la spazzatura. I più grandi vanno a scuola, ma il piccolo è sempre accanto alle buste dei rifiuti», ricorda la donna. Non un padre modello, ma di certo assiduo «frequentatore» di centri islamici nel tempo libero. Un amico di Game, Mohammad Israfil, connazionale, parla poi di una storia di debiti legati all’attività della sua azienda edile che, sembra, avesse chiuso due anni fa.

«Negli ultimi mesi si era avvicinato all’islam ripetendo in più occasioni che bisognava fare qualcosa per la religione». Ci siamo visti l’ultima volta ieri pomeriggio (domenica, ndr) - afferma -, abbiamo preso un caffè. Mi sembrava normale, abbiamo parlato del fatto che dobbiamo cercare un piccolo lavoro, che c’è crisi per tutti».

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