nostro inviato a Londra
In effetti qui si vince facile: Duffy non ha mezze misure, sfoggia una gran voce e pure tutto il resto, roba che mezzo mondo la invidierebbe a scatola chiusa. Altrimenti centocinquanta critici e deejay inglesi non avrebbero detto alla Bbc che lei è uno dei tre cantanti emergenti del 2008, così sulla fiducia, giusto ascoltando qualche brano. Duffy ha 23 anni, è cresciuta in un angolo del Galles che lo conoscono in pochi e nel serbatoio della vita ha già infilato tutte quelle delusioni - genitori separati, litigi a scuola, bidoni dei discografici - che accendono lispirazione, specialmente se è a metà tra pop e soul. E allora se la vedi a mezzanotte qui sul palco del Pigalle, un club a due passi da Piccadilly, mentre canta il terzo concerto della sua vita con un savoir faire che neppure fosse il milionesimo, e per di più di fronte allo stato maggiore della Universal e ai soliti cinici giornalistoni che finalmente rimangono a bocca aperta, ecco che allora si vede un talento che brilla di luce propria, e attenzione a non spegnerlo con lindifferenza. Daltronde bastano due risposte per capirla al volo, questa ragazzina nata stella.
Scusi Duffy, sul palco rimane sempre molto ferma, cè poca teatralità nel suo concerto: il contrario di quello che oggi impone la moda.
«È la mia natura, io sono fatta così. Se volessi essere una commediante, in scena non userei la voce ma solo il corpo, non trova?».
Qualcuno lha paragonata ad Amy Winehouse.
«Lì per lì, questi confronti lusingano. Ma poi alla lunga danno fastidio. E infatti sa che cosa ho fatto?».
Forza.
«Il mio nome di battesimo è Amy, proprio come la Winehouse. Ma ho deciso di non usarlo più, non voglio essere avvicinata a nessun altro. Io sono Duffy e basta».
E se una nasce in un paesino così piccolo e sperduto che «non cera neppure un negozio di dischi», ci vuole molta gavetta per diventare Duffy e basta. Dopo aver immagazzinato un po di no, lei è andata persino in Svizzera prima di incontrare Jeanette Lee (ex dei Public Image Ltd.) che per lei è come Caterina Caselli per Elisa o Bocelli: mamma e papà, artisticamente parlando sintende. E allora in Rockferry, il cd che uscirà in Italia tra un mese e mezzo, suona pure il chitarrista Bernard Butler dei Suede, che è un campione del brit pop alla Oasis. Ma latmosfera che si respira in queste canzoni, da Serious a Distant dreamer, è la stessa che viaggia sul filo teso tra Aretha Franklin e Dusty Springfield, tra la Motown e lanima. In fondo è rarissimo. E se in Italia il singolo Mercy (lo sentirete, ha un suono a metà tra Detroit e Costa azzurra) in pochi giorni è saltato tra i trenta brani più trasmessi dalle radio, allora vuol dire che il passaparola è ancora il miglior ascensore per la gloria.
Duffy, da noi Mercy è più trasmesso di Piece of me di Britney Spears.
«Britney chi?».
Una popstar devastata da vizi e paparazzi.
«Ecco, quando sento queste cose capisco che io vengo proprio da un altro pianeta. Mi sono innamorata della musica guardando le videocassette di un vecchissimo programma musicale, Ready steady go!, registrate da mio padre tanto tempo fa. Cerano i Beatles, i Rolling Stones... E poi ascoltavo alla radio i golden oldies, i grandi pezzi del passato dai Jefferson Airplane a Stevie Wonder e David Bowie».
I suoi coetanei di solito si fermano a Justin Timberlake.
«Ma poi mia nonna, che suonava la fisarmonica per i soldati durante la guerra, ha fatto il resto, trasmettendomi la passione per la musica».
Dalla famiglia le viene anche la bellezza. Dicono che assomigli a Sienna Miller o alla prima Brigitte Bardot.
«Ma non sono un giocattolo, il mio sogno è di arrivare a 55 anni dopo aver registrato cinque o sei dischi di grande livello. Sto studiando per questo, da anni il mio mestiere è imparare».
Ma la voce non si impara.
«Cantando, scopro ogni volta che mi fa nuovi regali. Io non ho cultura musicale, solo passione, tanta».
Parola un po dimenticata, oggi.
«Perché la qualità viene da lì.
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