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La rivincita di Cavendish il furbetto dell’aiutino che doveva andare a casa

nostro inviato a Teramo

Il trionfo del clandestino. A Teramo vince lo sprinter che a furor di popolo non dovrebbe stare qui. Proprio lui, Marc Cavendish. Parole forti per un’ingiustizia forte: il giovane fenomeno dell’isola di Man, lo stesso che sul traguardo di Parma - battuto da Petacchi - sosteneva d’essere perseguitato dalle giurie, è ancora qui solo grazie alle sviste della giuria. In gruppo si respira rabbia e ribellione: gli altri velocisti lo accusano d’essersi salvato sull’Etna soltanto grazie al traino e agli aiutini di ammiraglia e compagni vari.
Per capire meglio, per non dimenticare: domenica, mentre là davanti Contador strapazza la concorrenza, in coda i velocisti soffrono le pene dell’inferno. Un paio di loro, come McEwen e Brown, arrivano sfiancati fuori tempo massimo. Altri, come Petacchi e Ventoso, Belletti e Fisher, si spolmonano per stare dentro al limite. Quanto a Cavendish, firma un prodigio: staccatissimo dopo la prima ascesa, candidato a finire fuori tempo massimo, percorre l’ultima salita sul vulcano veloce come un fulmine. Omsa, che gambe. Il capolavoro è premiato con un grande risultato: si salva per 25’’. Ma subito dopo parte il mormorio: gli avversari sono imbufaliti. Com’è possibile, si chiedono, che la giuria non abbia niente da dire. Però è proprio così. Il Giro d’Italia sembra governato da una giuria di non vedenti. Almeno, portassero i cani lupo.
Ovvio che poi le conseguenze siano scontate: sul traguardo di Teramo, fresco come una rosa, il buon Cavendish domina la volata, battendo proprio Ventoso e Petacchi, i facchini dell’Etna. È la vittoria del clandestino, che una giuria appena appena avrebbe probabilmente già rispedito a casa l’altro giorno, come McEwen e Brown. Dice sibillino Petacchi: «Non entrerò in questa polemica. Io faccio tutto il Giro in bici, anche l’Etna. La sera mi guardo allo specchio e sono sereno. Se qualcuno si fa tirare in montagna e poi va a fare lo sprint, si guardi allo specchio. A me non interessa. Per quanto mi riguarda, dico solo che oggi ho perso perché ho sbagliato. Praticamente gli ho tirato la volata».
Sicuramente è una lezione di stile, certo non di fermezza e personalità. Comunque, denota una certa diversità di figure. A Parma, Cavendish aveva perso nettamente e aveva subito accusato Petacchi di scorrettezze (inesistenti). A Teramo, Petacchi perde nettamente e si assume tutte le colpe, evitando di scomodare ingiustizie. Chi ha ragione? Per come va il mondo oggi, verrebbe da dire subito Cavendish. Il mondo è fatto per chi sa stare al mondo, spiegano gli scaltri: bravo Cavendish a non finire fuori tempo massimo sull’Etna aggrappandosi all’ammiraglia, se così davvero ha fatto, e bravo Cavendish a presentarsi puntuale sul traguardo di Teramo. E Petacchi? E Ventoso? E Belletti? E tutti gli altri sprinter che sull’Etna hanno sputato sangue, lasciandoci le gambe? Cosa vogliono, se sono tonti non possono che perdere. Purtroppo, non è solo l’etica sbilenca di un mondo furbastro: è anche la versione solenne di una giuria ufficiale.
Comunque la si giri, è una storia non esattamente felice. Cavendish, ovviamente, cade dal pero e sostiene d’essere vittima delle solite calunnie.

Al termine della giornata, non resta che prendere al volo le parole definitive e salutari di Eddy Merckx, il signore di tutte le corse: «Chi si attacca alla macchina deve andare a casa. Non ci sono discussioni. Il ciclismo si fa in bicicletta».

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