La rivincita di Freud&Co. Più sei un classico più sei nuovo (e vendi)

La rivincita di Freud&Co. Più sei un classico più sei nuovo (e vendi)

«Eppure, ha venduto moltissimo e continua a vendere. Anche se è un Meridiano e costa un sacco. Un po’ perché alcuni hanno pensato che fosse un inedito di Thomas Mann. Un po’ perché i classici vendono più di qualsiasi novità». Uno dei nostri librai di riferimento, sede di Milano Porta Venezia di una famosa catena che vende anche copie usate al 50%, non ha dubbi, né sulla Montagna magica di Thomas Mann nell’edizione Mondadori, che a distanza di quasi un anno dall’uscita continua a fare fatturato, né sul potenziale espresso dai longseller in libreria: il classico in questa rentrée letteraria 2011 “tira” più delle novità, che sono varie e abbondanti come al solito ma sempre più prive di fascino per il lettore forte.
«Il lettore, disorientato dalla società in crisi e dallo smisurato numero di esordienti che popolano gli scaffali, cerca un “bene rifugio letterario” e torna ai classici. In più, quando per due o tre mesi non escono libri forti è il classico a beneficiarne» ci conferma Ottavio Di Brizzi, responsabile editoriale BUR Rizzoli, che negli ultimi anni è stato artefice di un grande investimento in un restyling completo dei longseller da catalogo. «Di fatto, i molti classici che vendono 20/40 mila copie all’anno, tantissime per un mercato asfittico come quello italiano, non fanno notizia e di certo non vanno in classifica, perché se sono fuori diritti lo stesso titolo è pubblicato da molti editori diversi. I classici fanno più della metà dei nostri fatturati: per capire chi vende davvero la classifica è importante ma non decisiva. Ogni anno il nostro Orgoglio e pregiudizio della Austen vende più del numero di copie media vendute dalle novità di bassa e media classifica».
Anche le logiche di investimento degli editori sui longseller stanno cambiando: autori come Jane Austen o Simenon, ma anche Joseph Roth o Sigmund Freud diventano primedonne cui applicare un maquillage glamour quanto Paolo Giordano, Jonathan Franzen o Michela Murgia. Copertine ristudiate dai migliori art director per gareggiare sugli scaffali con le novità mass market più aggressive, traduzioni attualizzate e di qualità impeccabile, pezzo supercompetitivo, introduzioni originali, magari a firma del comico-politico di riferimento... Strategie vincenti per attrarre la volatile attenzione volatile di lettori sempre più abituati a turn over estetici irrefrenabili, ma anche necessarie perché la rotazione in libreria, diventa sempre più violenta e anche i longseller, che erano pensati per stare esposti più a lungo delle novità, vengono fatti sloggiare in fretta dai librai.
Diverso è il caso di operazioni di stretto marketing come la collana Instant Book di Chiarelettere. Trattasi di repechage in forma di libri brevissimi che riguardano l’attualità culturale, politica e sociale. L’idea non è nuova: il papà dei nani lettori sulle spalle di giganti del pensiero per reinterpretare in forma illuminata gli eventi del momento fu Marcello Baraghini con la Lettera sulla felicità di Epicuro a Millelire (due milioni di copie in vent’anni). E Lorenzo Fazio, a cavallo degli indignados con Odio gli indifferenti di Antonio Gramsci, ha totalizzato da marzo scorso oltre 50mila copie vendute. Anche Don Milani e La Boétie sono in classifica, ed è appena arrivato un inedito di George Bernard Shaw.
«Gli editori che investono davvero sui classici sono solo quattro: Mondadori, Rizzoli, Einaudi e Newton» garantisce Raffaello Avanzini di Newton Compton. «Noi in 42 anni abbiano creato un catalogo da 2500 titoli e continuiamo ad arricchirlo: lo faremo anche noi, Gramsci, a novembre, ma con la cura di Canfora e non come un libretto di “moda”. E tra poco uscirà la ritraduzione dell’Ulisse di Joyce».
«La tutela e la manutenzione dei classici secondo qualità è per noi la costruzione continua di una cattedrale» spiega Antonio Riccardi, responsabile dell’editoria di catalogo Mondadori. «Ma è importante comprendere che i longseller, come elementi fondativi di una fisionomia sociale, seguono la mutazione progressiva e continua e costante del canone letterario, non la determinano. Negli anni ’50 un buon professionista aveva letto Hugo, Balzac, Stendhal, Flaubert: un suo omologo di oggi non è affatto detto che lo abbia fatto. Fino a 30 anni fa, pochi avrebbero considerato Chandler o Hammett o Simenon dei classici imprescindibili, mentre oggi ci sembra normale...

così come l’orgoglio identitario femminile degli ultimi cinquant’anni ha determinato la costante ascesa di nomi come Brontë, Austen e Emily Dickinson. Il Gramsci di Chiarelettere è uno spin off d’autore su una questione cruciale per un lettore di oggi, ma leggerlo non significa certo affrontare «un classico».

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