La rivincita locale: l'sms è in friulano Ora il dialetto sbarca sul cellulare

Il Friuli è la prima regione a promuovere un sistema per installare il "T9" dei telefonini in "marilenghe"

La rivincita locale: l'sms è in friulano 
Ora il dialetto sbarca sul cellulare

Oggi, dieci di giugno dell’anno duemila e zero nove, nella sala Giunta di palazzo Belgrado, a Udine, viene presentata l’iniziativa che può cambiare la vita a seicentomila friulani. Prossimamente al resto del popolo italiano in ogni dove. Il presidente dalla provincia, l’assessore alla Cultura e il presidente dell’Arlef (l’agenzia regionale della lingua friulana) illustreranno un nuovo software con il quale si potrà inserire nei telefoni cellulari un sistema di predizione, in breve un dizionario, il famoso e terribile T9 (testo in 9 chiavi), in puro e originale dialetto, la marilenghe, la lingua ufficiale del Friuli. Roba buona, come il Picolit o la Gubana, roba del territorio, come dicono, ridicoli, gli enogastronomi che tutto sanno della lingua salmistrata, un po’ meno della lingua italiana.

Il dialetto non è morto, vive e regna assieme a noi anche se deve fare i conti con gli slang europei, con verbi, sostantivi e aggettivi made altrove, a Londra, New York o Parigi, l’importante è esibire il prodotto anche se non se ne conosce l’origine e l’effettivo significato. Già il «software» di cui sopra dovrebbe essere tradotto in «soffice oggetto» anche se, mi rendo conto, si presterebbe a una interpretazione malignazza ma l’idea friulana è un segnale forte che arriva da una popolazione e da un territorio (questo sì) che non ha tradito le proprie radici culturali, che non si è violentato, che non fa finta di essere diverso, globalizzato dal nulla, nel nulla. È la terra di Pasolini: «...bisogna lasciar parlare le cose...», lui creatore di una Academiut di lenga furlana, lui curatore dei dialetti altrui, il romanesco di Una vita violenta o l’Accattone, il napoletano in Decameron, il lucano, abruzzese e calabrese nel Vangelo secondo Matteo, lui coccolato dalla Diccì che voleva un Friuli forte per difendersi dal vicino Est falce e martello ma, paradossalmente, inviso al Piccì che sognava un’Italia fortissimamente unita, da governare meglio e non, dunque, un Friuli autonomo e indipendente, per lingua.

Ma questa potrebbe sembrare filosofia o chiacchiera sgonfia. Andando al sodo odierno ecco che lo strumento di comunicazione di massa, il telefono appunto, cerca di adattarsi. Del resto basta ascoltare (da maleducati), intercettare (da intelligence), la conversazione del vicino, in ufficio, al mare, in montagna, al lago, insomma dovunque, per acciuffare frasari dialettali che poi scompaiono per ridiventare impersonali, freddi, quasi anonimi quando interviene il telefono, allora si «ciatta», si va veloci, la lingua si appiattisce, si esaurisce. Ecco, allora, il valore aggiunto dell’idea friulana, il trasloco del lessico famigliare sul telefonino, per conservare la stessa immediatezza, la stessa genuinità, a volte anche po’ cialtronesca, volgare, allusiva sempre migliore del «ti richiamo tra un secondo!», una balla colossale, impossibile anche per Superman, oppure «mi può mandare una email?» che ha sostituito il datato «mi spedisca un fax». Ma qui nasce il problema: quanti dialetti esistono in Italia? Dante Alighieri ne aveva contati otto soltanto in Bologna, ed erano settecento anni fa. Chi decide quale sia la lingua ufficiale dei piemontesi? I langaroli? I mandrogni? Chi può dire quale dialetto si parli in Liguria? Quello di Portofino o quello di Albenga? E andiamo avanti così, dalle Alpi al Gennargentu, dalla Dora Baltea all’Ofanto, la repubblica non è una, Peppino Garibaldi raccolse mille compatrioti forse per queste difficoltà e il suo ufficiale piemontese fu subito individuato al primo appello (bògianen!).

Ma un fatto è certo: lo strumento che ha modificato abitudini e comportamenti del nuovo secolo, il telefono cellulare che ci segue e ci insegue a letto, in salotto, sulla tazza del gabinetto, in treno o in bicicletta, in fondo può trasmetterci la voce di casa, l’antico dire di nonno e di zio.

Già sono in commercio i navigatori satellitari con la cadenza di Beppe Grillo, prevaffa, quella di don Vito Corleone-Marlon Brando e di Albertone Sordi, prevedo l’arrivo di O mia bela madunina o Calabrisella mia tra le suonerie prossime venture, così da capire, finalmente, perché esista il futuro anteriore.

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