Rivolta islamica contro il Corano bruciato Aggrediti i cristiani

Chissà se lo svitato reverendo Jones si rendeva conto di quello che avrebbe provocato anche solo minacciando di dare alle fiamme copie del Corano negli Stati Uniti. Nonostante i disperati sforzi delle autorità americane, dal presidente Obama in giù, sta infatti purtroppo accadendo quello che era fin troppo facile prevedere: nel mondo islamico folle cieche e rabbiose, sorde alle notizie del suo ripensamento dell’ultim’ora e ignare o non interessate alle prese di distanza del governo di Washington da un’iniziativa che «non rappresenta i valori americani», si scatenano contro i simboli del cristianesimo e dell’America, facendo purtroppo scorrere il sangue e destabilizzando situazioni di precario equilibrio tra comunità religiose diverse.
Gli ultimi, gravi episodi si sono verificati in India e in Pakistan. Uno nel Kashmir, regione indiana al centro di una contesa territoriale con il confinante Pakistan, originata dalla difficoltosa coesistenza di comunità indù e musulmane. Nella capitale Srinagar e nelle zone di Budgam e Tangmarg folle furibonde di migliaia di persone hanno dato l’assalto a diversi edifici pubblici e a una scuola missionaria gestita da religiosi cristiani di confessione protestante. L’altro fatto è avvenuto a Mardan in Pakistan, dove una bomba è stata lanciata contro una chiesa nel centro della città, provocando due feriti gravi.
Quattordici persone hanno perso complessivamente la vita nei violentissimi disordini: nove di queste sono manifestanti islamici, rimasti uccisi negli scontri con la polizia indiana che ha aperto il fuoco sulla folla. I feriti sono stati circa 160, dei quali 113 agenti: erano anni che non si registrava un bilancio così drammatico nel Kashmir.
I testimoni hanno riferito di aver assistito alla messa in atto del tipico repertorio del fanatismo islamico, anticristiano e antiamericano: dapprima urla e slogan contro gli Stati Uniti, bandiere americane e un ritratto del presidente Obama dati alle fiamme, poi un fitto lancio di pietre (che ha tra l’altro provocato la morte di un poliziotto) e l’assalto e l’incendio appiccato agli edifici governativi e alla scuola cristiana. La folla ha addirittura impedito ai pompieri di raggiungere l’edificio dei missionari, costruito interamente in legno, che è andato così in cenere. Il tutto in aperta sfida al coprifuoco che era stato imposto dalle autorità.
Ci sarebbe comunque, sia pure indirettamente, una corresponsabilità dell’Iran nei tragici avvenimenti di ieri. Infatti la collera incontrollabile dei musulmani del Kashmir, una regione in cui nonostante le contrapposte rivendicazioni dell’India e del Pakistan sussiste una sufficiente armonia tra le diverse comunità religiose, è esplosa alla notizia che negli Stati Uniti nonostante la rinuncia di Terry Jones a bruciare il Corano si erano comunque verificati degli episodi simili: in particolare nel Tennessee due pastori evangelici “indipendenti” avevano dato fuoco a due copie del libro sacro della religione musulmana. Ebbene secondo le autorità indiane «l’unica televisione al mondo» a trasmettere le immagini di quello stupido oltraggio è stata l’emittente di Stato iraniana Press Tv, che in seguito il governo di New Delhi ha fatto oscurare. Anche a Teheran, del resto, un migliaio di giovani hanno manifestato contro l’America per la stessa ragione.


Le manifestazioni nel Kashmir si sono rapidamente trasformate in proteste di stampo separatista. Inutile l’appello alla calma lanciato via radio dal leader separatista Syed Ali Geelani, che le autorità di New Delhi hanno messo agli arresti domiciliari.

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