Rivolta nei Ds: Romano vuol farci fuori

da Roma

D’Alema «si è rilanciato», Rutelli messo «fuori gioco», Prodi è stato «frenato». Ma i sospetti, quelli restano, tra i molti ds che sono andati al seminario di Orvieto con un misto di rabbia e paura. «Mai si è visto un partito fondato dai professori!», aveva esclamato uno dei maggiori dirigenti della Quercia infilandosi nell’autoblù. E il risultato della due-giorni ha fugato almeno questo pericolo. Visto che il Professore-monstre, «quello che non c’ha il partito e si voleva prendere il nostro», continua e continuerà a menare le danze. «Però a questo punto non è escluso neppure che il leader del domani possa essere Massimo...», ragiona un dalemiano scettico sul Partito democratico.
Prima le fusioni bancarie, senza una telefonata a D’Alema. Quindi la «proposta indecente» su Telecom, avanzata senza far toccare palla a nessuno dei Ds («Grazie, in ballo c’era il rafforzamento del suo vero partito: il comitato d’affari che presiede», aveva detto un esponente ds senza peli sulla lingua). Infine la manovra che colpisce duramente i sindaci, ben sapendo che nelle grandi città si tratta di colpire uomini-simbolo della Quercia. «Il sospetto ce l’abbiamo sempre avuto: vuol farci fuori», insiste ancora uno degli uomini di punta del Botteghino (anonimato d’obbligo). E il leader degli scettici Cesare Salvi, cui Orvieto non ha offerto spunti per nessun tipo di «ripensamento», lo dice chiaro e tondo: «Questa Finanziaria ci mette in sofferenza, e mi chiedo come si possa sostituire un dibattito sul significato della manovra, magari spiegando alla gente che cosa si è fatto e perché, con questi discettamenti politologici che al cittadino non interessano per niente... Non si può lasciare il solo Padoa-Schioppa a difendere certe scelte, mentre di tutto si parla meno che della Finanziaria e delle parti da cambiare senza indugio». Magari si pensa male, però che al centro dell’agenda politica ci sia finito il blabla su una cosa che non esiste, fa davvero riflettere. Ma è pur vero che, se «proprio non tirava aria di concordia tra questi leader», Orvieto ha avuto il significato di una «spallata mancata». Il giochino sta nelle accelerazioni successive, «visto che siamo ormai troppo avanti per fare dietrofront». Però i Ds hanno dimostrato a Prodi che l’80% del Pd vede ancora nei leader di Ds e Margherita - D’Alema e Marini, la cui alleanza è risorta - i beniamini e garanti dell’intero processo.

Allora, se Salvi e Mussi disertano alla grande, Mussi e Cuperlo firmano un dissenso comune, D’Alema rassicura la Finocchiaro, Angius e gli altri che «se si fa il Pd lo si fa a modo nostro e non certo come vuole lui e i suoi professorini», allora è chiaro che «il serpente non è riuscito a ingoiarsi l’elefante rosso, come ha provato ancora una volta a fare». O così o nisba: la Quercia ha avvisato il Professor Prodi, e resta ancora sull’avviso.

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