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La rivoluzione arancione tradita L’Ucraina affonda nella corruzione

Yushenko in imbarazzo. Il sottosegretario di Stato Zinchenko accusa ministri e consiglieri presidenziali e si dimette

Gabriele Villa

I palazzi del potere assediati, un Paese paralizzato. Una folla oceanica, accampata lungo corso Kreshciatik e in piazza Indipendenza, il cuore di Kiev, il cuore dell'Ucraina. Per tredici giorni e tredici notti. Canti, balli, comizi. E fiori infilati nel muro degli scudi alzati dalla polizia e dall'esercito. Nell'album dei ricordi, la fotografia della gioiosa rivoluzione arancione, non ha ancora trovato il tempo di ingiallire che già appare decotta. E soprattutto tradita. Nata sulla spinta irresistibile dei giovani, stanchi dei soprusi, dopo il voto del 21 Novembre 2004 che incoronava illegalmente, grazie ai brogli, Viktor Yanukovic, quella rivoluzione si era prefissa una serie di nobili obbiettivi. Innanzitutto rifare le elezioni, cosa che puntualmente è avvenuta con lo storico ballottaggio del 26 Dicembre conquistato da Viktor Yushenko, e poi spazzare la corruzione, aprire alla democrazia, rilanciare l'economia.
Ebbene, dopo otto mesi di governo, il blocco arancione rischia di finire in pezzi, travolto dai soliti atavici vizi. Cui si sono aggiunti nuovi e ancor più preoccupanti segnali d'allarme. Come la misteriosa sparizione di bambini da alcuni ospedali, il riassetto delle imprese di Stato, che incontra contestazioni accentuando la frattura di un Paese da sempre diviso tra filo-occidentali e filo-russi. La spallata più energica contro la coalizione arancione è stata assestata proprio da Oleksandr Zinchenko, sottosegretario di Stato e capo dello staff presidenziale, dimessosi alcuni giorni fa per protesta contro il malcostume tra i vertici dello Stato. Zinchenko che, prima di venire nominato capo dello staff presidenziale, era stato il consulente di Yushenko nella campagna elettorale, ha pubblicamente denunciato alcuni consiglieri del premier, come Petro Poroshenko, segretario del Consiglio nazionale per la Sicurezza, Oleksandr Tretyakov, primo consigliere di Yushenko, e Mykola Martynenko, leader del partito presidenziale Nostra Ucraina: «Sfruttano cinicamente la propria posizione per fini personali». Comprensibile a questo punto l'imbarazzo nella collaudata coppia giunta al potere sull'onda della protesta di piazza. Yushenko ha disdetto tutti i suoi prossimi viaggi all'estero per tentare di ricucire lo strappo. Mentre il suo alter ego, il premier Yulia Timoshenko, così abile nell'arringare la folla nei giorni caldi dello scorso inverno ucraino, oggi mediterebbe addirittura di dimettersi.
In un simile quadro d'incertezza, suscitano indignazione in Ucraina i risultati dell'indagine condotta sulle misteriose sparizioni di neonati dalla deputata svizzera, Ruth-Gaby Vermont-Mangold, per conto dell'assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa. Che a Kiev ha annunciato di aver raccolto prove su almeno cinque sparizioni avvenute nel 2003 e 2004 in ospedali di Kharkov, seconda città dell'Ucraina, e una in un ospedale della capitale. «Non sapevo fino a che punto le voci corrispondessero alla verità. Adesso sono convinta che la piaga esista davvero», ha affermato la deputata. I bimbi rapiti, oltre a finire in un traffico illegale di adozioni, potrebbero essere stati usati da una rete criminale per trapianti di organi, pelle e cellule staminali. Secondo un'organizzazione locale sarebbero almeno trecento i neonati scomparsi dagli ospedali del Paese dal 2001 al 2003.
Nel frattempo anche sul piano del rilancio economico del Paese le cose non sembrano andare per il verso giusto. Se è vero che Viktor Pinchuk, l'ex-genero del presidente Leonid Kuchma, bersaglio della rivoluzione arancione, ha manifestato con centinaia di operai fuori dalla fabbrica siderurgica Nikopol, un tempo di sua proprietà (ma per la Corte Suprema deve tornare nelle mani dello Stato perché l’acquisto non è del tutto legale), è altrettanto vero che questa reazione è soltanto l'ultimo tentativo di sbarrare il passo all'offensiva del governo Yushenko contro le privatizzazioni decise nell'era Kuchma.
Alla luce di queste novità, il clima è sufficientemente propizio per parlare già di campagna elettorale. Al grido di «Neanche un voto per gli arancioni» il partito socialista ucraino si prepara così a lanciare la controffensiva per le elezioni del marzo prossimo. Il leader del partito filo-russo Natalia Vitrenko ha dichiarato che «si deve combattere per portare in Parlamento quelle persone che cambieranno la costituzione dell'Ucraina e che daranno al russo lo status di seconda lingua del Paese». Un Paese che, dopo la gioiosa rivoluzione sembra aver avuto soltanto un'unica possibilità di tornare a sorridere e far festa: la storica qualificazione dell'Ucraina ai Mondiali di calcio.

Che ha riportato in piazza migliaia di persone fino all'alba.

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