Con Le pazze. Un incontro con le madri di Plaza de Mayo (Bompiani), Daniela Padoan rientra tra gli scrittori che osservano la Storia attraverso le testimonianze dei sopravvissuti. Dalle voci di chi ha vissuto gli eventi sulla propria pelle, il passato riemerge con una forza e una verità ben diversa dalle supposizioni o dalle frigide compilazioni accademiche. Lautrice ha lavorato per cinque anni su questo progetto; si è recata più volte in Argentina, ha incontrato le Madri, ha trascorso giornate intere con loro e si è guadagnata sul campo la loro fiducia. E infine ha raccolto le storie, a partire da quei giorni maledetti, prima e dopo il golpe del 24 marzo 1976, quando ebbero il coraggio di sfidare la dittatura, decise a ritrovare i figli scomparsi. «Prima non sapevamo - è il leitmotiv ricorrente - solo in seguito capimmo che i militari avevano sequestrato e ucciso i nostri ragazzi». Trentamila oppositori politici sparirono, giovani torturati nei campi di concentramento clandestini oppure gettati in mare con i tristemente noti «voli della morte». Come nel suo precedente saggio Una rana dinverno, la giornalista ancora una volta affronta il tema del potere esercitato in modo abbietto per cancellare frammenti di umanità scomoda e destabilizzante. E se prima a testimoniare gli orrori del nazismo erano una serie di donne sopravvissute ai lager, oggi a parlare sono le Madri argentine di Plaza de Mayo, adesso tra gli 80 e i 90. Ogni giovedì, dal giorno del golpe, le Madri continuano a marciare instancabili e a gridare con il loro silenzio; un silenzio che vale più di mille parole e che alla fine ha vinto sullomertà, lindifferenza, le posizioni pilatesche di chi non ha visto né sentito o era connivente con il regime. È un libro scrupoloso e importante quello di Daniela Padoan, al di là delle ideologie; come diverse sono le chiavi di lettura: oltre a essere uno dei documenti più completi sullargomento, è un libro di denuncia e soprattutto un richiamo alla responsabilità individuale; alla capacità di trasformare la tragedia in esperienza attiva e vitale. Attraverso la morte dei figli, le Madri rielaborano il dolore e rinascono regalando nuova speranza. Sullonda delle loro battaglie, a Cipro un piccolo gruppo di donne si raduna regolarmente al ceck point Nicosia/Lefkosia davanti a un enorme poster con le foto dei desaparecidos dopo linvasione turca. E in Bosnia le Madri di Srebrenica fanno la fila davanti alle fosse comuni con la speranza di trovare i loro ragazzi uccisi.
«Per continuare a vivere - scrive lautrice - bisogna aver fatto i conti con il passato. Senza laccanimento a comprendere ciò che ha reso possibile gli eventi, la memoria rischia di diventare una facile retorica».marina.gersony@tin.it
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