La rivoluzione irreversibile

L’idea è stata di Nando Adornato: usare come titolo del convegno il termine «berlusconismo», usato dalla sinistra ridens per indicare «il peggio del peggio». Invece il «berlusconismo» è di fatto la pietra miliare della storia d’Italia moderna. Ne è venuto fuori un convegno di qualità alta, al cui termine hanno parlato i leader: prima l’ospite Gianfranco Fini e poi il soggetto dell’ultimo «ismo», Silvio Berlusconi. Il risultato politico si può riassumere così: ci vorrà tempo per il partito unico, ma intanto si procede rapidamente alla federazione dei partiti per riportare al governo tutte le famiglie politiche della libertà. Fini ha respinto con eleganza l’investitura di successore di Berlusconi ricordando che le leadership vengono decise dagli elettori e non dai partiti e Berlusconi, come si può immaginare, ha toreato da par suo una platea calda e piena di giovani al Cinema Capranica di Roma, a due passi da Montecitorio.
Il risultato storico, oltre quello politico è che si è stabilito (il merito va a Ferdinando Adornato che ne ha fatto il leit motiv) che la nascita di Forza Italia di 13 anni fa ha cambiato per sempre la storia d’Italia. Berlusconi ha chiamato «definitiva», nel senso di irreversibile, quella svolta che ha creato un fronte liberale alternativo al fronte illiberale raccolto intorno ai comunisti e loro derivati bancari e affaristici. Personalmente ho potuto verificare quanto il popolo liberale abbia bisogno di messaggi intransigenti: infatti ieri sia Fini che Berlusconi hanno recapitato ad un popolo quasi comune un messaggio tanto intransigente quanto ragionevole. Quello della radice della libertà. Berlusconi ha trascinato la folla al picco dell’ovazione quando ha scandito che il «berlusconismo» trasformerà i pubblici ministeri in semplici «avvocati dell’accusa rispettosi e con il cappello in mano» e senza più poteri massacranti come quelli che seguitano ad usare oggi come dimostra la riapertura di nuove persecuzioni contro il leader dell’opposizione. Quando ha ricordato che negli Stati Uniti nessuno può essere processato due volte per lo stesso reato (un fatto che noi conosciamo dal cinema americano e i film di Alfred Hitchcock) mentre da noi si è tornati al sistema persecutorio che la CdL aveva interrotto ma che è stato subito ripristinato, il pubblico era in delirio per l’odore di rivoluzione moderna.
Questa parte del discorso di Berlusconi corrispondeva dunque più d’ogni altra all’attesa liberale di cambiamento forte di cui oggi si parla con maggior libertà di quanto non si potesse ai tempi del centrodestra al governo. Infine ci sembra notevole che Adornato abbia riconosciuto al partito di Fini il merito di aver mantenuto in vita l’idea e il nome di Patria e che il leader di Alleanza nazionale abbia dato atto di quel riconoscimento e del fatto che la grande svolta cominciò proprio quando Berlusconi annunciò che nella sfida per il Campidoglio fra Veltroni e Fini, lui avrebbe scelto senz’altro Fini: da questa dichiarazione di rottura e di buon senso scaturì la fecondazione di una vera democrazia in cui il popolo decide e in cui germoglia una speranza concreta di libertà.
Berlusconi è stato poi molto divertente quando ha ricordato la lista canonica degli insulti antiberlusconiani, fra cui «venditore di tappeti».

Ha detto: «Non ho nulla contro i tappeti e chi li vende, ma io cerco di comperarli». Infine il clima: non è stata una celebrazione ma la festa del tredicesimo compleanno di Forza Italia che aprì la speranza di un futuro bonificato dall’egemonismo comunista e bancario tuttora al comando.

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