Stenio Solinas
nostro inviato a Venezia
Con Alain Robbe-Grillet non ci si annoia. Magari si capisce poco, ma con il Leone alla carriera a David Lynch questo ormai è un titolo di merito. Ottant'anni e passa ben portati, già capofila del nouveau roman e figura di spicco dell'intellighentia parigina e internazionale da più di mezzo secolo, lui di suo ci mette una passione per il nudo e per la bellezza femminile che fa la gioia degli occhi, e un catalogo tipicamente europeo delle ossessioni intellettuali del Novecento: surrealismo, Sade e Masoch, l'inconscio e il problema del doppio, la vita come arte e l'arte come vita, Freud e la psicanalisi dei sogni... Il risultato è questo C'est Gradiva qui vous appelle, nella sezione Orizzonti, in cui intorno al fisico androgino di Arielle Dombalse, ruota una storia di supplizi orientali e di amour fou.
È la quarta volta che Robbe-Grillet viene a Venezia. C'è stato da sceneggiatore, da regista, da presidente di giuria, e insomma è uno che con ironia può dire la sua. Su Alain Resnais per esempio, per il quale sceneggiò L'anno scorso a Marienbad, si esprime così: «È un ottimo regista americano. Non lo definirei un autore. Un autore sono io». Pensato sulla e per la Dombalse, il film senza di lei sarebbe stato impensabile. «Gradiva è il titolo di un romanzo tedesco oggi dimenticato, ma quel nome, per chi ha studiato latino, ha per anni voluto dire anche qualcosa di preciso. Rimanda infatti a una scultura tardoromana femminile, così chiamata, la cui pianta del piede è arcuata in modo verticale rispetto al suolo, come se danzasse camminando. Ecco la Dombalse si muove proprio così». Nel romanzo, lo scultore protagonista si innamorava di quella immagine di pietra. «Una sessualità anormale» dice Robbe-Grillet. «Anche la mia lo è, ma continuo comunque a preferire le donne in carne e ossa. Così ho sostituito lo scultore con uno studioso di Delacroix, che nei suoi disegni inediti trova un volto e un fisico che corrisponde a qualcuna che conosce».
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