Roberto Bolle alla conquista del Metropolitan

Per la prima volta un ballerino italiano nel tempio della danza. Il 23 giugno accompagnerà la Ferri nel suo addio alle scene «Alessandra mi mancherà»

Roberto Bolle alla conquista del Metropolitan

da New York

«Così, perfetto, lasciati andare, danza col cuore. Sei così bello, bellissimo, dai libertà alle tue emozioni!». Georgina Parkinson, la bravissima maîtresse dell'American Ballet Theatre, incoraggia Roberto Bolle. Sembra quasi rapita dal fascino del nostro ballerina scaligero, l'anziana insegnante dell'Abt, mentre segue lui e Alessandra Ferri nel pas de deux che i due ballerini italiani provano ogni giorno, per almeno un'ora, in una delle sale del Metropolitan di New York.
Lunedì e giovedì, l'erede di Nureyev, nato a Casale Monferrato salirà sul palco del leggendario teatro newyorchese come primo ballerino e si esibirà nella Histoire de Manon. Poi, il 23, avrà New York in lacrime, quando accompagnerà la Ferri, ballerina dell'Abt da molti anni, nel suo addio alla danza. Dopo 22 anni di danza la Ferri ha scelto proprio lui per dare l'addio al Metropolitan, in un Romeo e Giulietta i cui biglietti sono da tempo introvabili.
«Mi mancherà molto Alessandra», ha spiegato Roberto Bolle con un'ombra di tristezza negli occhi. «Questa è la stagione delle ballerine che danno l'addio e lei è una grande artista. Ma mi tolgo tanto di cappello di fronte ad una ballerina che ha capito che, vista la sua età, è il momento di lasciare le scene e lo fa con coraggio». La sua grande passione per la Ferri traspare dai suoi occhi dolci e dal suo modo di danzare potente, nella geometria classica e perfetta dei movimenti ma anche rispettoso e pieno di amore, quando durante le prove la sollevava nel pas de deux e la lascia scivolare delicatamente sul pavimento della sala americana. Alla fine delle prove Bolle, il primo italiano invitato sul palcoscenico del Metropolitan si siede per terra, accanto alla Ferri e i due si parlano sottovoce, come due bambini. Viene facile immaginarlo ancora bambino, a undici anni, quando la Scala l'aveva accettato tra i suoi scolari: ballava già da quando aveva cinque anni e anche allora, come oggi, deve aver fatto innamorare gli insegnanti scaligeri.
Così, uno accanto all'altro, seduti sul pavimento, sudati e stanchi, Bolle e la Ferri forse si confidavano dei segreti. O forse si dicevano che questo momento è così importante per entrambi perché il pubblico del Metropolitan attende febbrilmente l'esordio del ballerino trentunenne: la sua prova più difficile da quando, a 21 anni, étoile della Scala, aveva cominciato a viaggiare per il mondo.
«New York mi piace moltissimo», ha spiegato Bolle al gala dell'Istituto di Cultura italiano. Nel corso della conferenza stampa c'e' stato chi gli ha domandato se nella vita ama fare anche altre cose («La danza è la mia vita») e se quel corpo perfetto è il regalo della genetica o di una vita dedicata agli allenamenti («Entrambi, credo, sono fortunato»). E poi c’è stato chi ha voluto rivangare la polemica con Carla Fracci, apparsa sui giornali italiani nei giorni scorsi.

Bolle aveva detto che i ballerini che raggiungono una certa età dovrebbero avere la possibilità economica di smettere di danzare. «Mi spiace che la Fracci pensi che io mi sento arrivato», ha risposto Bolle «Arrivato? Come potrei, un ballerino non può mai smettere di imparare».

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