Roberto Fiorentini, l’inchiesta sull’Islam nel centro di viale Jenner

È una storia che va avanti da dodici anni. Esattamente, dal 15 settembre 1997, giorno della prima informativa Digos sull’Istituto culturale di viale Jenner a Milano. Da quel rapporto parte il libro di Roberto Fiorentini, direttore di Telepadania: Linea rossa, Edizioni Segno. Fiorentini ripercorre, con un testo agile e rapido, le inchieste, le informative degli investigatori, i sospetti che si sono addensati sulla moschea di viale Jenner. A fianco o dietro la pratica religiosa, alcuni personaggi facevano altro: Fiorentini ci porta sulla prima linea del fanatismo, in direzione dei mujaheddin reclutati per andare a farsi saltare in aria in Irak o spediti, finché è stato possibile, in Afghanistan per imparare le tecniche di guerriglia. Fino all’11 settembre, data spartiacque, viale Jenner è stato, per alcuni estremisti, un avamposto integralista piantato nel cuore di Milano e del Nord. Poi il clima è cambiato, le inchieste si sono susseguite, gli arresti non hanno dato tregua a chi usava il Centro come centrale terroristica.
La storia però è tutt’altro che conclusa. Ancora di questi tempi si parla del possibile arrivo in Italia da Guantanamo di alcuni tunisini che l’amministrazione Obama non sa dove mandare. Almeno due di loro, Moez Fezzani e Riad Nasri, tornano anche nella vicenda infinita di viale Jenner.

Secondo il gip Guido Salvini, che il 4 giugno 2007 aveva spiccato nei loro confronti un’ordinanza di custodia, Fezzani e Nasri erano le figure chiave del flusso di mujaheddin che proprio da viale Jenner e dall’altra moschea di via Quaranta venivano inviati in Afghanistan. Dove sono stati catturati e trasferiti a Cuba. Segno che viale Jenner era proprio un crocevia nelle rotte del terrore, come ci ricorda Fiorentini.

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