Un robot per anziani Milano sperimenta il badante del futuro

Un robot per anziani Milano sperimenta il badante del futuro

Il futuro che avanza all’ombra della Madonnina ha l’aspetto di un robot dedicato agli anziani. Non ha ancora un nome il prototipo di quello che potrebbe diventare il badante del futuro, ma su di lui si concentrano grandi speranze. Si tratta di un robot in grado di svolgere diverse funzioni, tra cui telefonate, spostamento di oggetti e forse un giorno anche cucinare. Cosa saprà fare il modello definitivo lo sapremo solo tra un anno, quando il progetto triennale finanziato da Unione europea e fondazioni private con 5,3 milioni di euro sarà completato. Intanto rappresenta un passo avanti per la relazione tra tecnologia e anziani, fascia della popolazione in costante aumento e spesso distante dalle innovazioni tecnologiche. Nonché quella che più necessita di cure mediche e non solo.
Grazie all’equivalente di un iPhone l’anziano potrà controllare il robot, dotato di un braccio meccanico nella parte posteriore e di vassoio sul davanti, ma non sarà il solo: il progetto ha infatti previsto la possibilità di guidare a distanza il badante robotico sia per i parenti grazie a un iPad, sia per un servizio di assistenza 24 su 24 da un computer. Grazie alle sue telecamere il robot potrà essere guidato oltre gli ostacoli imprevisti, o potrà risolvere dei problemi ai quali non era preparato. Lo Shadow Robotic Sistem, questo il nome del progetto, è nato con l’intenzione di fornire agli anziani la possibilità di vivere più a lungo in casa propria abbassando i rischi e le fatiche legate all’indipendenza. Per questo motivo i primi a cui è stato chiesto quali fossero le funzioni fondamentali per un robot del genere sono stati proprio loro. E su alcuni punti spesso appannaggio dei badanti umani le trecento persone interrogate hanno risposto picche: la cura del corpo, come la cucina non sono affari da robot. Pensino a sollevare i pesi o a supportare la memoria. Oltretutto sarà una comodità avere l’aiutate meccanico, ma viene ancora percepito come invasivo: «Le telecamere installate sul robot – ha spiegato Lucia Pigini, ricercatrice del polo tecnologico Fondazione Don Gnocchi – vengono viste da alcuni come una possibile violazione della propria privacy perché grazie ad esse parenti, ma anche sconosciuti gestori del servizio di assistenza, possono controllare loro e la casa».
Doppia faccia della tecnologia a cui sembra che bisognerà adattarsi: «Nei prossimi 20 anni – ha affermato Paolo Mocarelli, direttore scientifico della Fondazione Don Gnocchi - si prevede che il 10% della popolazione avrà problemi di disabilità e si tratta di 6 milioni di persone che non potranno essere tutte ospitate in strutture ospedaliere, per questo cerchiamo di anticipare i tempi presentando questo robot innovativo».

Un ritrovato tecnologico che sta completando il suo percorso grazie alla collaborazione di dieci realtà universitarie, industriali e ospedaliere di sette paesi differenti e un esempio di come si sia evoluto il campo scientifico: «Il robot avrà tre o cinque computer nella pancia – ha illustrato Renxi Qui, professore del Manufacturing Engeneering Centre di Cardiff e responsabile del progetto – in questo modo se due dovessero essere in conflitto interverrà il terzo e noi avremmo garantito all’assistito un servizio più affidabile». La prossima settimana iniziano a Milano i test per l’utilizzo del robot con i pazienti, sembra proprio che sia nato il Wall-e dell’assistenza sanitaria.

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