Rocchetta Ligure dalla sua montagna sceglie il Piemonte

Rocchetta Ligure dalla sua montagna sceglie il Piemonte

Paolo Bertuccio

Piemonte sì, Piemonte no. Portare nel proprio nome una regione e dipendere da un'altra è un destino che unisce, tra gli altri, una città di pianura come Novi Ligure e un paese di nemmeno mille abitanti perduto sull'Appennino, in alta val Borbera, come Rocchetta Ligure. La differenza è che mentre Novi è abbastanza grande da riuscire in qualche modo a brillare di luce propria, per un puntino (orgoglioso finché si vuole, ma sempre un puntino) sulla carta geografica come Rocchetta, o come i suoi vicini Albera e Roccaforte, stare da una parte o dall'altra di un confine di regione o di provincia potrebbe rivelarsi più che decisivo. Ora come ora, la realtà vede questa ed altre manciate di paesi di montagna relegati alla periferia di una provincia estesissima come quella di Alessandria, che è a sua volta periferia di una grande regione come il Piemonte. Insomma, a occhio e croce il ruolo dell'amministratore da queste parti non dev'essere facilissimo.
Ciononostante, per il sindaco Giorgio Storace, Rocchetta sta bene dove sta. Al gioco del fustino del detersivo «cambierebbe la sua Regione per una nuova?», ci pensa un po' su e risponde no: «Al limite, parlando di rimaneggiamenti di confine si potrebbero ridefinire qua e là i territori dei Comuni della Val Borbera, che sono gli stessi dai tempi di Napoleone. Ma su Regione e Provincia, tutto sommato, a Rocchetta non ci possiamo lamentare. Anche se, date le mie origini, il cuore mi porterebbe a Genova». Rocchetta, effettivamente, negli ultimi anni non se la passa poi così male. «In un certo senso siamo un comune modello, per quanto riguarda questa zona appenninica - spiega Storace -. Rocchetta riesce a garantire ai cittadini tutti i servizi di base: ambulatori medici, trasporto pubblico, soprattutto la scuola. La carriera scolastica dei nostri ragazzi dall'asilo alle medie si svolge tutta qua».
Si tratta di un'inversione di tendenza rispetto al passato: «Eravamo e siamo tuttora un territorio marginale, è vero. Ma questi anni hanno visto innescarsi un circolo virtuoso: la popolazione è aumentata del 10 per cento, e nuove imprese hanno iniziato l'attività, tanto che a Rocchetta possiamo vantare la presenza di una quindicina di esercizi commerciali in un'epoca in cui i negozi chiudono uno dopo l'altro». I motivi del mini-boom? Sicuramente più di uno. Certamente il cambiamento di mentalità degli abitanti di città, col sogno sempre più spesso realizzato di scappare dalla metropoli e vivere in un casale o aprire un agriturismo, ma anche una politica specifica: «Dovendo dare a Cesare quel che è di Cesare - sono le parole del sindaco - bisogna riconoscere che in Piemonte esiste un assessorato regionale alla Montagna, che aiuta i territori come il nostro con finanziamenti e leggi ad hoc». Quanto all'Amministrazione provinciale, «non ci sentiamo trascurati nemmeno in quel caso. La vice-presidente, Maria Grazia Morando, è di Arquata. Conosce le problematiche della nostra zona. È anche grazie a questo tipo di attenzioni che paesi per certi versi svantaggiati possono sopravvivere, e anche qualcosina di più».

Tutto questo, dunque, vale lo sforzo di scarpinare fino a Torino per certe pratiche, per semplici fogli notarili? «Tutto sommato sì. Genova è più comoda rispetto a Torino, e se proprio vogliamo questionare, lì si ascolta una parlata molto più simile alla nostra. Ma per il bene di tutti, è meglio fare qualche chilometro in più».

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