Il rock? È una grande scena del crimine

Il caso più recente, ancora irrisolto, è quello di Michael Jackson. Quello più clamoroso l’omicidio di Lennon, il più misterioso il suicidio di Kurt Cobain... La musica ribelle è costellata di delitti: ora un libro li racconta

Il rock? È una grande scena del crimine

Omicidi, suicidi, morti misteriose e violente; troppo spesso il mondo del rock si trasforma in una gigantesca scena del crimine dove la realtà supera la fantasia degli autori di Csi o dei racconti di Carlo Lucarelli. Quando c’è di mezzo la rockstar la morte scivola nel «giallo», come racconta il libro Delitti rock di Ezio Guaitamacchi, cronaca di 200 indagini attraverso il Paese delle Meraviglie del rock e dintorni. Si dice che la miglior mossa di marketing per una rockstar sia morire giovane. Lo dimostra il clamoroso caso di Michael Jackson. Chissà se i detective tv di Csi (Grissom e Horatio Caine) con le loro analisi all’avanguardia riuscirebbero a capire come se ne andò Jacko? Se l’ha ucciso un mix di sedativi o l’imperizia del suo medico; oppure s’è suicidato. Gli ingredienti del thriller (toh, il titolo del suo disco più celebre!) ci sono tutti. L’auto del dottor Murray (accusato di omicidio colposo) sequestrata nel giardino della villa, lui scomparso e ricercato e il padre di Michael che tuona: «Mio figlio è stato vittima di un complotto molto ben organizzato». Non è una gran sceneggiatura? Così come il mito di Robert Johnson, il bluesman-Casanova che vendette l’anima al Diavolo ma morì fra atroci dolori bevendo whiskey avvelenato rifilatogli da un marito geloso nel 1938.

«Signor Lennon?». Così l’8 dicembre 1980, alle 22.49, un giovane un po’ toccato attira l’attenzione di John Lennon all’ingresso del suo lussuoso appartamento in Central Park West e gli scarica addosso 5 colpi di calibro 38. Non ci sono misteri qui, solo la follia di Mark Chapman, un fan inferocito che non perdona all’ex Beatle di «essersi imborghesito», di non essere più il ribelle Holden Caulfield (protagonista del Giovane Holden di cui quella sera l’assassino ha una copia in tasca). Quella mattina aveva chiesto l’autografo al suo idolo; ora è ancora in galera, da solo in cella, un po’ perché è psichicamente disturbato, un po’ perché si dice che lo aspetti al varco il tragico destino di Lennon...

Nel caso Sam Cooke ci sarebbe un gran lavoro per gli investigatori. Cooke era una stella del soul, bello, elegante, gentile. Cantante di successo e, negli anni ’60, orgoglio dei neri: ricco, proprietario di una casa discografica, rispettato dai bianchi, sposato con una bella ragazza. Un angelo nero che una notte carica sulla sua Ferrari spider rossa una certa Elisa Boyer e la porta in un motel da tre dollari. Ora la scena diventa confusa e tragica come un film di Tarantino; lui è ubriaco perso, le si butta addosso e le strappa i vestiti, lei fugge portandogli via pantaloni e portafogli. Lui la insegue seminudo, si ferma davanti all’ingresso del motel urlando come un ossesso e - così si dice - in pieno delirio aggredisce la manager, la cinquantenne di colore Bertha Lee Franklin, che estrae la pistola e spara tre colpi. Ne basta uno per mandare al creatore il re del soul a 33 anni, in un caso mai chiarito in cui la Franklin è stata assolta per legittima difesa. Gli amici di Cooke parlano ancora oggi di complotto. Al suo funerale c’erano 200mila persone tra cui Cassius Clay che disse: «fosse stato Elvis o un cantante bianco avrebbero già messo in galera il suo assassino».

Solo i fan sfegatati ricordano Mia Zapata, ma il suo è il classico Cold Case (da cui il serial tv di successo che riapre i delitti irrisolti), cantante della punk band The Gits, che nel 1993 a Seattle viene trovata in un vicolo da una battona. La scena è raccapricciante: è stata picchiata, stuprata, strangolata col cappuccio della sua felpa (ma il medico legale dice che è morta per le botte subìte). Undici anni dopo i detective dei «Cold Case», grazie alle nuove tecnologie, con un piccolo campione di saliva risalgono all’omicida: un pescatore cubano balordo di nome Jesus Mezquia, che dopo un movimentato processo viene condannato a 37 anni di prigione. Nevada. Anche uno schianto sugli sci diventa sospetto se il morto è Sonny Bono, leggendaria metà di Sonny & Cher. Nel ’98 è un membro del Congresso che combatte i trafficanti di droga ed è stato minacciato di morte. La gente si chiede: come fa uno sciatore provetto come lui a centrare in pieno un albero? Un incidente simile era capitato la settimana prima, ad Aspen, a Michael Kennedy, figlio di Bobby Kennedy, ma nel caso di Bono c’è chi ha visto tre killer provocare l’incidente...

C’è anche la star che uccide, e non solo quella punk come Sid Vicious. Phil Spector, il leggendario produttore rock che ha creato la magia di dischi come Let It Be e Imagine e ha prodotto da Ike & Tina Turner ai Ramones, è stato condannato l’anno scorso per l’omicidio dell’attrice Lana Clarkson. Le ha sparato in bocca in una notte di bagordi del 2003, ma il suo avvocato, lo stesso di OJ Simpson, lo tiene fuori grazie a una cauzione di un milione di dollari. Ora finalmente dovrà scontare 19 anni e ne avrà 88 quando gli sarà concesso di chiedere la libertà sulla parola.

A Seattle in una bella giornata di sole del ’94 un ragazzo giace nella sua villa in un lago di sangue e con il volto sfigurato. Accanto un fucile Remington M 11 calbro 20 e un biglietto d’addio. Così se ne va il leader dei Nirvana Kurt Cobain.

Ma anche i suicidi nel rock non hanno mai risposte semplici (Luigi Tenco docet). Ad esempio: Cobain era talmente imbottito d’eroina da essere in coma, quindi come poteva imbracciare il fucile? Infatti sull’arma non ci sono le sue impronte...

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