Roger Waters: «La speranza? Un’opera lirica»

Oggi e domani all’Auditorium Parco della Musica l’esecuzione in prima mondiale di «Ça Ira» dell’ex Pink Floyd

Simone Mercurio

Senza di lui i Pink Floyd non sarebbero mai esistiti. Cantante, bassista, compositore, talento puro, Roger Waters è stato il centro gravitazionale dei Floyd dal 1965 al 1983, attraversando la storia della musica rock in sella a uno dei migliori gruppi di sempre. Dopo quegli anni, il rocker inglese ha abbracciato un’interessante carriera solista, ha festeggiato la caduta del muro di Berlino in modo indimenticabile.
Oggi, sessant’anni, capelli color cenere e un sorriso sereno di chi ne ha viste tante, Roger Waters presenta con coraggio la sua prima opera lirica Ça Ira, titolo dei tre atti per coro e orchestra, stasera e domani in prima mondiale alla Sala Santa Cecilia del Parco della Musica.
Un progetto nato per parlare dello spirito della rivoluzione francese e maturato in 15 anni, ripreso e lasciato, partito nel 1988, dopo aver letto il libretto per opera del compositore francese Etienne Roda-Gil. Waters in particolare è partito da questo soggetto per affrontare temi che in fondo sono quelli di oggi: i mutamenti della società, la lotta contro le ingiustizie sociali. «Tra le cause della rivoluzione francese c’è l’estrema disparità nella distribuzione della ricchezza - ha dichiarato il musicista -. Era così 200 anni fa e così è oggi. È qualcosa cui noi assistiamo quotidianamente. Una questione affrontata al G8 e anche da alcuni miei colleghi, Bono, e così via. Qualcuno li ha anche criticati ma io mi levo tanto di cappello». Tutto parte dal bicentenario della Rivoluzione francese nel 1989 e la creazione di un libretto scritto da Etienne-Roda Gil, autore di canzoni per Juliette Gréco e Johnny Hallyday, illustrato dalla moglie Nadine, entrambi poi scomparsi negli anni successivi. «Un’opera sulla Rivoluzione Francese che si chiamava Ça Ira - ha raccontato Waters -. Volevo musicarla “Che cosa significa Ça Ira?” chiesi. “È il futuro prossimo di Ça va e letteralmente significa andrà, andrà bene”. “Deve significare qualcosa di più” dissi».
«Nel rosso vespro l’arator protende/ L’occhio vago a le terre inculte e sole,/ Ed il pungolo vibra in su i mugghianti/ Quasi che l’asta palleggiasse, e afferra/ La stiva urlando: Avanti, Francia, avanti!» recita il nostro Giosuè Carducci nel settimo libro delle Rime Nuove, dedicato ai dodici sonetti Ça ira, un verso tratto dal ritornello della canzone dei giacobini all’epoca della grande rivoluzione. Sull’onda lunga dei versi carducciani, arriva il libretto di Etienne Roda-Gil e sua moglie Nadine, dunque. Il progetto musicale di Waters inizia ma viene accantonato nel ’97 quando Nadine muore di leucemia. Il marito e Waters continuano a lavorarci ma lentamente e di tanto in tanto, fino alla stesura definitiva, per un’opera che è già stata pubblicata a settembre su etichetta Sony Classical.
«Sono passati quindici anni e il lavoro è finito - spiega oggi l’autore di Time -. Ho viaggiato nel loro testo e ho banchettato al tavolo della loro integrità e del loro amore. Ho osservato dai margini della grigia parata delle vicende storiche, le lezioni non apprese. I limiti dell’estrema egemonia della politica e della religione, sia nostri che loro, che ancora massacrano innocenti nel nome di Dio e della Libertà».
«Etienne e Nadine Roda-Gil - conclude Roger Waters - insieme al mio amico Philippe Constantine che me li aveva presentati nel lontano 1968, sono morti troppo presto, ma non prima di aver lasciato il loro segno sulla sabbia. È il “qualcosa di più” che c’è in questo Ça Ira. Il nuovo significato è questo: c’è speranza».


Ad accompagnare Waters sul palco romano dell’anteprima mondiale saranno i cento elementi dell’Orchestra della Roma Sinfonietta e gli ottanta del Coro Lirico Sinfonico Romano che comprende anche il gruppo del coro dei bambini.

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