Roma

Rom narcotrafficanti: un impero sulla coca

L’inchiesta avviata dalla Procura milanese: trentasette arresti e venticinque indagati

Stefano Vladovich

Dall’Ecuador in Europa attraversando la Penisola Iberica. Basi operative a Madrid e Siviglia, in Spagna, a Marsiglia, Francia, e nelle principali città italiane per una banda di narcotrafficanti di origine rom che in pochi anni ha costruito un impero. Chili di droga, soprattutto cocaina e hashish, nascosti nei doppifondi di auto, camper, maxiscooter e tavole da surf imbarcate su navi mercantili e traghetti di linea: il sistema più sicuro per il gruppo di delinquenti impegnati a pieno ritmo nel commercio in grande stile di sostanze stupefacenti. Trentasette le ordinanze di cattura emesse in tutt’Italia dal gip Simone Lucerti della Procura milanese, tre di queste (riguardanti un uomo e due donne) eseguite nell’ex campo sosta di vicolo Savini a Roma. Sequestrate una Lamborghini Gallardo, un’Audi A3 e una Audi A6 (per un valore di 250mila euro) e 125mila euro in banconote di vario taglio. Un lavoro lungo e articolato questo della Procura lombarda che ha portato alla scoperta di varie centrali operative sparse per il Belpaese specializzate nel taglio e il confezionamento di droga: oltre 38 chili e mezzo di «polvere bianca» rinvenuta durante le indagini assieme a 200mila euro in contanti.
L’epilogo dell’operazione «Rom-ing», avviata nel maggio 2004, scatta contemporaneamente alle prime luci dell’alba di ieri a Roma, Bergamo, Bologna Borgo Panigale, Milano e Tirano. In poche ore i carabinieri dei vari nuclei operativi fanno scattare le manette su 25 indagati dei 37 coinvolti nella maxi inchiesta coordinata dal comando provinciale di Sondrio. I militari della compagnia di Pomezia, dal canto loro, tra il chilometro 24,100 della statale Pontina, in località Monte Melara, e viale Marconi (all’altezza dell’Università degli Studi Roma Tre) hanno rintracciato e arrestato C.K. un giovane nomade bosniaco di 21 anni e due complici, A.C. e C.U., entrambe di 21 anni. Le accuse? Associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, riciclaggio di denaro, ricettazione. Intercettazioni e pedinamenti «controllati», in particolare, hanno accertato che la coca, della miglior qualità, veniva acquistata dai bosniaci direttamente dai «cartelli» sudamericani. Organizzato il viaggio utilizzando i vari nascondigli, coca e hashish sbarcavano a Marsiglia. Qui veniva successivamente mimetizzata all’interno di parti meccaniche, cosparsa di grasso, pepe nero e persino mostarda per ingannare il fiuto dei cani dell’unità cinofile. Giunto via terra a Milano il carico di «roba» finiva in un laboratorio fuori città, a Gallarate: tagliata a dovere veniva dunque distribuita nei vari snodi della Penisola in cui operavano i rom. In particolare nelle province di Bergamo, Brescia, Chiavenna, Firenze, La Spezia, Lodi, Parma, Pavia, Prato, Reggio Emilia, Rimini, Sondrio, Trento, Torino e Verona.

A coordinare il lavoro di centinaia di militari in oltre 16 mesi, il procuratore aggiunto di Milano, Ferdinando Pomarici e il sostituto procuratore di Sondrio, Stefano La Torre.

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