Il rischio della Roma è la sindrome del braccino. Perché per un tempo contro il Bari sembra aver paura di chiudere la partita. Non è la squadra vista contro lInter: vince per demeriti altrui più che per forza sua. Vince perché di fronte c'è una squadra senza grinta e senza stimoli. Vince perché non avrebbe potuto far altro in una giornata così. Uno a zero è il minimo sindacale che regala tre punti e l'illusione momentanea di essere davanti a tutti. Dieci minuti prima, dieci minuti di scudetto: il tempo trascorso tra il gol di Vucinic a Bari e quello di Thiago Motta a Milano contro il Bologna. Fanno ventidue, comunque. Ventidue risultati utili: 16 vittorie e sei pareggi. Sono i numeri della rincorsa che continua spinta dalla gente di Roma che a Bari è scesa con la convinzione forse un po' troppo sfacciata di essere vicini allo scudetto. È lì, la Roma. Come prima: meno uno e però con la piccola sensazione che i rischi presi contro il Bari siano il segnale che la squadra di Ranieri possa togliersi punti soltanto da sola. Ranieri dice che era una partita difficile: sa di mentire. Sa che non cera avversario più comodo di un Bari salvo e senza sette giocatori. Lo sa così bene che a un certo punto ha tolto Totti per Brighi. Fatica? Certo. Però cè altro: incredibilmente la Roma nel secondo tempo ha rischiato più di prendere il pareggio che di fare il secondo gol. Sè spaventata alla prima azione del Bari, sè messa buona ad aspettare. Ranieri più agitato ieri che sabato scorso allOlimpico contro l'Inter. Possibile? Se uno teme la sindrome del braccino sì. Allora sostituito anche Vucinic.
Un modo per controllare una partita che non appartiene alla mentalità della Roma, ma che evidentemente adesso comincia a diventare unopzione possibile. Gira la palla e blocca gli avversari. Basta per vincere in casa di chi non ha più un campionato vero da giocare. Altrove chissà.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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