A Roma adesso si vive come topi In vendita casa di 5 metri quadrati

Il "minilocale" da record offerto a 50mila euro. È il gabbiotto di una portineria trasformato in "garçonnière zona Pantheon"

A Roma adesso si vive come topi 
In vendita casa di 5 metri quadrati

Roma«Prego». Si entra uno per volta, come in ascensore.
«Se sale con le scarpe sul materasso può aprire la finestra».
«Posso scattare una foto?».
«Sì, allora esco».

Per forza: fotografando la casa si inquadra anche il proprietario. Cinque metri quadrati dichiarati, uno e mezzo calpestabile al pian terreno. Uno nel loculo-letto, un materasso a una piazza accoccolato sotto un soffitto a cassettoni.

Per arrivare nella casa in vendita più piccola di Roma e forse del mondo è stato necessario ammansire una certa diffidenza: «Se è interessata bene, altrimenti non mi faccia perdere tempo. La casa è molto piccola», era stata la prima risposta al telefono.

Quella era l’unica cosa che avevamo capito, gentile venditore. Il cartello di presentazione, appeso in piazza di Sant’Ignazio, è onesto fino alla spudoratezza: «Pantheon Mini-garconniere 5 mq 50.000 euro». Due metri e mezzo per due metri e mezzo sulla carta. Minuscola, microscopica, più stretta di una tenda canadese, pertugio per topolini. Diecimila euro al metro quadrato, posizione splendida sulla cartina di Roma: tra il Pantheon, piazza Venezia e via del Plebiscito, una trentina di metri in linea d’aria da palazzo Grazioli, residenza di Silvio Berlusconi.

Prendere un appuntamento per vedere la casa più piccola del mondo è una sfida all’immaginazione. Un nido, un bagno, un camerino: è difficile visualizzare l’eccessivamente piccolo. È altrettanto difficile visualizzare le dimensioni di un possibile inquilino, anche se nella strada, via di Santo Stefano del Cacco, la voce si è già sparsa, e nell’unico negozio, dalla parrucchiera, i primi candidati timidamente si presentano: «Possiamo venire con lei a vedere la casa piccolissima? Cinquantamila euro...qui non si compra nemmeno un garage!».
E infatti alle sei e mezzo del pomeriggio un anziano e un giovane escono dal portone. «Hanno visto la casa», ci spiega il nipote del proprietario, il venditore: «Chiedono se il prezzo è trattabile. Ho detto di fare un’offerta». La casa è un ex guardiola di portinaio, locale-ripostiglio per il catasto, all’ingresso di un palazzo confinante con il convento dei padri silvestrini: «La comprammo con tre appartamenti». Un optional, un nulla immobiliare rivelatosi una Lilliput dai frutti inimmaginabili.

Un passo dalla porta al muro. Un altro passo da destra a sinistra. Un paravento altezza uomo per coprire un wc, un lavandino con doccetta, rialzato da uno zoccoletto. A destra, metà passo, una scaletta che porta al materasso:«Provi a immaginarla, senza scala...». La fantasia volteggia, poi si scontra contro la parete: «Una signora calabrese è venuta qui con il metro e ha misurato tutto». Una mensola naturale può ospitare qualche libro, ma in orizzontale: manca la profondità. La piccola finestra si affaccia su un anfratto accanto al portone.

Il venditore racconta: «Mi chiamano tre, quattro persone al giorno. Gente del quartiere, professionisti, gay». Cercano un posto intimo e clandestino, 5 metri quadrati pur di scappare dal mondo. La dimensione della libertà minima. Oppure sono interessati per i piccoli 300 euro di affitto che se ne possono ricavare: «E’ quello il prezzo a cui eravamo arrivati».

La casa-ascensore-camerino-confessionale-portalacrime- nido d’amore infatti in vent’anni è stata abitata da tante persone: un bancario, un guardiano di notte, un orafo, una coppia di gay: «Vedesse come l’avevano fatta carina, con una tenda qui in mezzo». In «mezzo» al mezzo metro quadrato accanto al bagno. Stare qui è una prova di spirito, un’impresa memorabile, lui la chiama «resistenza»: «Chi resistette di più fu il cameriere, un anno».

E poi un tempo c’erano anche le rose, nella casa più piccola di Roma: «La vede quella carrucola sul soffitto? Lì ci si può agganciare la doccia, ma per l’inaugurazione appendemmo delle felci». L’inaugurazione! «Tavolini, champagne». Nell’androne del condominio, dove altro sennò. La casa, in quell’occasione, fu un vaso di fiori.

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