Roma Il barista massacrato da sei romeni per 60 euro e un orologio

Erano in sei a sferrare i calci alla testa della loro vittima, per sottrargli 60 euro e un orologio. Ma ora una parte del branco, quattro romeni senza fissa dimora tra i 22 e i 30 anni, è finalmente in manette. E i carabinieri cercano gli altri due. I rapinatori che hanno ridotto in fin di vita Emilio Casale, il barista romano aggredito nella Capitale lo scorso 7 settembre, sono stati incastrati dalla telecamera di un bar, che li ha ripresi subito dopo la rapina. La vittima, invece, è ancora in coma in ospedale e le speranze che possa risvegliarsi si riducono sempre di più.
Ennio Casale, un romano di 63 anni che lavora in un caffè in piazza San Maria Maggiore, stava rientrando a casa di notte quando fu seguito dai suoi aguzzini sull’autobus dove era salito. Una volta sceso e poco distante da casa fu aggredito a scopo di rapina, pestato dal branco, e lasciato in terra privo di sensi. asale fu identificato dai carabinieri solo grazie alla marca sulla pettorina del bar dove lavora. I quattro, tre dei quali con precedenti, sono stati arrestati dai militari del nucleo investigativo di Roma e sono accusati di rapina e tentato omicidio. Il primo ad essere individuato è stato un giovane di 27 anni, pregiudicato per furto, il quale aveva il braccio sinistro ingessato perchè coinvolto in una rissa avvenuta una settimana prima della rapina. La confessione del giovane, l’unico degli arrestati ad ammettere finora l’aggressione, ha permesso di rintracciare gli altri tre romeni. Dormivano tutti nei vagoni dei treni, negli alberghi a Termini o in campi nomadi, hanno 22, 27, 28 e 30 anni. Alcuni di loro sono pregiudicati con lievi precedenti e uno stato identificato anche grazie ai suoi numerosi tatuaggi e la corporatura tarchiata.
Ora la rabbia esplode nel quartiere periferico della Magliana, dove episodi del genere si sono già verificati in passato.

Il proprietario del bar in via della Magliana, le cui telecamere hanno ripreso l’aggressione, accusa la nostra giustizia: «Il problema - è che se commettono in Italia i reati le pene sono minori rispetto a quelle nel loro Paese».

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