Lattesa, lillusione, la delusione, poi comunque la festa. Una domenica per cuori forti quella vissuta dai tifosi della Roma, che per più di unora si sono sentiti lo scudetti cucito sul petto e poi lo hanno visto tornare a Milano. Qualche lacrima, sì, ma anche la consapevolezza di una stagione comunque straordinaria, celebrata in serata allaeroporto di Fiumicino per larrivo della squadra da Catania. Secondo atto di un dramma sportivo iniziato ore prima a Testaccio.
La speranza. Ieri pomeriggio alle 15 le strade del rione, epicentro del tifo giallorosso, non erano più vuote né più silenziose di qualsiasi altra domenica. E in fondo, quella di ieri, per una folta schiera di scaramantici, era a tutti gli effetti una banale domenica di primavera, buona per andare al mare o chissà dove, purché lontano da tv e radioline, al riparo da rischi cardiovascolari di ogni sorta. Ciononostante lo storico club dei supporter della Roma di via Cecchi affiggeva allentrata il tutto esaurito, corredato da uno striscione che non lasciava dubbi sullattaccamento dei tifosi alla squadra: «Roma, Testaccio ti guarda». Un centinaio le persone asserragliate allinterno. Altrettante quelle fuori, in religioso silenzio, con le cuffie nei timpani e lorecchio rivolto a Catania. Segna Vucinic, si esulta ma in fondo nessuno ci crede ancora. È il passare dei minuti, semmai, a far crescere lideuzza. Allinizio del secondo tempo, con la Roma a più uno sullInter e meno di tre quarti dora alla fine, negli occhi dei tifosi sparsi per strada si è acceso un timido barlume e la tensione, fin lì tenuta nascosta, ha incominciato pian piano a emergere. E cè anche chi passando di lì in macchina non ha esitato a suonare il clacson incitando i presenti a credere nell'impresa. Dalla radio accesa di unauto parcheggiata vicino allentrata del club giallorosso intanto provenivano le notizie dai vari campi e ogni volta che delle grida di esultanza interrompevano il radiocronista di turno ai tifosi della Roma si fermava il cuore in gola. Tutti temevano cattive notizie dal Tardini, ma quando scoprivano che a festeggiare erano i sostenitori dellEmpoli o del Milan era il sollievo.
La rabbia. Alle 16.20, temuto, il gol dei neroazzurri. Accolto da urla di rabbia. Poi dal silenzio. Un silenzio nel quale si poteva percepire il rumore che fanno i sogni quando, a un tratto, sinfrangono. Un silenzio durato mezzora, trascorso a pregare che accadesse il miracolo. Arrivati a quel punto a nessuno pareva più importare cosa stesse succedendo al Massimino: più che dellassedio della squadra di Zenga tutti sembravano impegnati a sperare che la voglia di salvarsi del Parma producesse il miracolo. Ma è giunto solo il raddoppio dellInter, e quando alla fine il Catania ha pareggiato in tanti già se nerano andati via. Con unespressione mesta in volto, poca voglia di parlare e lunica magra consolazione di essere stati campioni dItalia almeno per unora. Ma non era una domenica come tutte le altre?
La festa comunque. Poi, con il passare delle ore, la voglia di celebrare quella che era comunque unimpresa, il secondo posto a quota 82 punti, ha prevalso sul dispiacere. E in centinaia si sono riversati allaeroporto di Fiumicino per accogliere la squadra imbarcatasi alle 19.30 allaeroporto di Catania. Unattesa trascorsa tra cori come «I campioni siamo noi» e «Roma sei grande». Un clima festoso, tanti bambini sulle spalle dei papà, girandole colorate accese, tanti viaggiatori incuriositi a fotografare lassembramento, il traffico davanti allo scalo dapprima rallentato poi bloccato fino allautostrada Roma-Fiumicino. Tra i fan anche il papà di Francesco Totti, a lanciare un messaggio di speranza: «Speriamo che sarà per il prossimo anno».
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