Roma - La Roma rallenta alla prima, autentica curva ma dal tornante di una splendida sfida sbuca la nuova, gagliarda Juventus e l’evento, il pareggio cioè, rotondo e spettacolare, non è poi così clamoroso. Né prodotto dal caso, dall’episodio isolato ma cementato dagli errori e dalla bravura delle due squadre, divisi in parti uguali. Totti resta il profeta della capolista, terminale di un gioco ispirato e velocissimo che ubriaca e induce anche all’errore ma Gigi Buffon, il portierone, è il suo degno rivale. Due fuoriclasse, uno più importante dell’altro. Senza il primo, la Roma sarebbe a secco, senza il secondo la Juve risulterebbe soggiogata dal talento della squadra di Spalletti. Due i sigilli del capitano giallorosso, uno ubriacando il baby Criscito con una finta, il secondo con un tap in irresistibile. Almeno quattro le prodezze del Gigi nazionale spalmate sulle saette di Totti, Mancini e Cassetti. Tra i due fenomeni dell’Olimpico, resta oscurato Del Piero che ha le stelline ai piedi per mezz’ora, s’infrange contro Doni e finisce in un cono d’ombra per via di quel rigore sbagliato (ultimo precedente in A datato 15 aprile 2006 col Cagliari) che sembra tagliare le ali ai suoi. Non si tratta di un errore qualunque, uno dei mille distribuiti nella piccola cronaca del campionato. Può risultare un grave attentato al risorgimento bianconero: la rincorsa è troppo lunga, il destro troppo impreciso e alto. La delusione diventa un macigno che lo schiaccia e lo sotterra.
La Roma, per un’ora, strega tutti: pubblico, critica, avversari. Si lascia scoprire sul fianco destro (gol di Trezeguet sull’unica palletta decente servitagli da Iaquinta), riparte a testa bassa, rimonta, spreca e si fa raggiungere nel finale come succede alle armate che non si fermano per strada ad alzare transenne. Spalletti rifletta su un dato: la fatica della Champions si presenta nel finale, c’è bisogno di ricambi massicci e con qualche anticipo rispetto alle tradizionali cadenze. Perrotta e Taddei risultano stremati, De Rossi pure mentre l’anello della difesa, Mexes e Juan, nell’occasione diventa il più debole della catena. Forse è la presenza di Trezeguet a mettere pressione nel francese biondo, mai visto così incerto e insicuro. Forse è la prova di Iaquinta a destabilizzare Juan. Quando la panchina della Roma corre ai ripari (con Giuly e Brighi) è obiettivamente tardi. Cicinho, arrivato in precedenza a rimpiazzare Cassetti (stiramento all’adduttore), è abile nel ripartire ma da mandare a scuola se deve difendere. Procura il rigore su Nedved (a proposito complimenti a Morganti, l’arbitro, e al suo designatore Collina) e sbaglia il fallo laterale che avvia il 2 a 2.
La nuova Juve esce dall’Olimpico con un attestato in carta bollata: è squadra vera, dotata di attributi oltre che di un paio di fuoriclasse. Sospinta dal coraggio del suo condottiero, Ranieri, che la schiera a mo’ di Milan (3 centrocampisti, 1 rifinitore e 2 punte) per affrontare in campo aperto la sfida della Roma. Resiste a tutte le intemperie, l’amnesia di Criscito sull’1 a 1 di Totti, l’infortunio, gravissimo toccato ad Andrade (tendine rotuleo rotto, come a Ronaldo tanti anni fa, stagione finita per il portoghese), il rigore sballato da Del Piero. Non si deprime e non si disunisce, anzi nel finale (grazie al riposo settimanale) effettua il più aggressivo assalto. Buffon la tiene in partita, una specie di rete di protezione stesa sul ciglio del precipizio.
Infine Iaquinta agguanta il 2 a 2 con un colpo di testa, spalle alla porta, che lo segnala tra i protagonisti del recupero. Nella ripresa si difende con le unghie: pensate, la coppia difensiva centrale è composta da Grygera e Legrottaglie. Quando hai un mostro in porta, puoi sopravvivere anche a questo. E agli stenti che verranno.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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