Gian Marco Chiocci
nostro inviato a Dakar
La storia di Dakar puzza, in tutti i sensi. Perché a monte del fallito progetto veltroniano di cooperazione africana per lo smaltimento dei rifiuti, e a prescindere dai disservizi forniti dalla «sua» società comunale Ama-Senegal che hanno reso la città sullOceano una cloaca contribuendo a diffondere epidemie anziché a debellarle (gli ultimi dati parlano di 23mila casi di colera) si cela uno scandalo dai risvolti agghiaccianti. Limmondizia-tour organizzato sul posto da una delegazione del parlamento europeo guidata dagli esponenti di An, Roberta Angelilli e Alessandro Foglietta, è stato bruscamente interrotto dalla polizia locale che senza mandato ha provato a sequestrare foto e filmati ai giornalisti, ha «sequestrato» per tre ore i deputati in hotel, ha provato a finire il lavoro cominciato allalba da oscuri personaggi nascosti in una Renault bianca incollata a distanza al furgoncino della Ue. È finita con un incidente diplomatico. La Farnesina ha protestato, il nostro ambasciatore è intervenuto («questa storia dellimmondizia è il caso nazionale, qui è una guerra»), il sindaco locale e le autorità politiche si sono scusate promettendo, loro sì, pulizia (nella polizia).
Per raccontare lAma-connection, e parlare di quel che il sindaco Veltroni da mesi nemmeno commenta, si erano mossi mesi addietro un gruppo di intrepidi sindacalisti dellUgl capitanati da Renata Polverini. Ieri hanno concesso il bis guidandoci fra suk, ospedali, cimiteri, spiagge, industrie, bretelle stradali, asili nido, quartieri malfamati, parcheggi: ovunque montagne dimmondizia, strade lastricate di scorie e carcasse danimali, odori nauseabondi, falò fai da te a illuminare immense pile di rifiuti. Eccolo il risultato della cooperazione romana. Bisogna vedere, per credere. Bisogna ascoltarle le giovani donne, le mamme, le nonne, che urlano dodio «Ama-fia, Ama-fia». Fra scioperi e vertenze sono due settimane che i netturbini «made in Italy» non si vedono. Due settimane e un giorno, perché la Dakar bandita dallOrganizzazione mondiale della sanità per le epidemie, non ha rinunciato ai bagordi del Tabasky, la festa del montone sacrificato allaperto i cui resti sanguinolenti fanno compagnia sui marciapiedi. Per capire cosa diavolo succede al capolinea della Parigi-Dakar occorre rifarsi al jaccuse del ministro della Sanità senegalese del 15 settembre scorso. Lo Storace africano cita relazioni epidemiologiche e dichiara che la recrudescenza estiva di colera è da addebitare non solo alle piogge estive, ma anche ai disservizi nella raccolta dei rifiuti. Il direttore dellIstituto epidemiologico, professor Papa Salif Sow, rilancia sui «monnezzari» romani. Lo stesso fa lavvocato dello Stato, El Hadij Diouf, che rivela come lAma abbia disatteso il contratto di servizio ritirando i cassonetti dalla città prima dellestate e impiegando meno del 20 per cento dei mezzi necessari alla raccolta. Allappello, inoltre, mancano 2,3 milioni di euro per finire quella discarica che una società piemontese appaltatrice dei lavori per conto dellAma, per mancati pagamenti, non ha fatto più. Lavvocato Diouf al Giornale insiste: «Con 1.600 dipendenti lAma è la più grande azienda del Senegal, non paga da agosto sei imprese subfornitrici, ha accumulato un debito di 400mila euro in un Paese in cui il reddito pro capite è di 500 dollari lanno, i dipendenti hanno stipendi da fame e lavorano in condizioni che dire precarie è un eufemismo». Ama o non Ama, di chi è la colpa? Il dilemma è irrisolto dal 2003 allorché, al termine di un complicato risiko societario, la Spa dellamministrazione capitolina ha la meglio sulla concorrenza e acquisisce dalla società svizzera Alcyon (in fallimento) lappalto per la gestione delligiene urbana nella regione di Dakar. Il business è colossale: 650mila euro mensili per un quarto di secolo di durata. Fa quasi 160 milioni di fatturato. Una signora cifra visto che con la Spa del Campidoglio i prezzi dei rifiuti sono triplicati (4.200 franchi per tonnellata prima dellAma, 12.500 con lAma). A fronte delle 1.300 tonnellate di spazzatura giornaliere lAma sfodera, però, un parco auto obsloleto, che in larga parte risale ai primi anni Ottanta, e nonostante ciò è stimato in quasi sei milioni di euro. Non bastasse sembra che lAma abbia pure rinunciato a costruire unautorimessa con officina. Risultato? Il blocco del 70 per cento dei mezzi. Quanto ai cassonetti inizialmente dislocati ovunque, questi sono stati in gran parte ritirati per motivi ad oggi sconosciuti. Così, porta a porta, si procede affondando le mani e la faccia nel lerciume in avanzato stato di stratificazione. Fra una lettera di minaccia e una promessa in risposta, il governo senegalese il 5 ottobre decide di rescindere il contratto. Uno smacco per Veltroni lAfricano che il 15 aprile 2004 aveva sponsorizzato il tutto insieme alla pop star Youssou Ndour. Un affronto per le imprese locali che con larrivo di Ama-Senegal perdono il lavoro e un mucchio di soldi nonostante i subappalti. Lingegner Issa Seck, capo di una di queste società, denuncia insolvenze vicino ai 630mila euro e un lucro non dovuto dellAma superiore al 25 per cento sul subappalto.
Passano i mesi. Se Veltroni continua a tacere, lAma-Senegal finalmente abbozza una reazione con il presidente Alvaro Moretti, trascorsi nellorganizzazione di corsi professionali e nella gestione di pizzerie. Quando lo scandalo vede la luce, anche da Roma si sostiene che la verità non è quella raccontata dallUgl, che nessuna risoluzione è in atto, e che il contenzioso avviato col governo dimostrerebbe quanto le colpe delle catastrofe sanitaria non siano da ricondurre allAma-Senegal. Ci si accapiglia sui cavilli. Gli italiani ammettono parziali inadempienze ma rispetto ai ritardi nei pagamenti per 685mila euro alle società subappaltatrici rispondono attaccando il governo per il mancato trasferimento di 217mila euro. LAma denuncia modalità irrituali nella risoluzione del contratto, annuncia ricorsi ed arbitrati, riesce finalmente a trovare uno spiraglio per una trattativa.
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