Per mandare a scuola ognuno dei 1.600 bimbi rom della capitale il Comune di Roma può arrivare a spendere qualcosa come 9mila euro allanno. Praticamente il doppio di una retta da istituto privato. Ma il problema, in realtà, è un altro: quei ragazzi in classe non ci entrano affatto. Il vaso di Pandora dei costi/benefici legati alla scolarizzazione dei minori nomadi viene scoperchiato da Bruno Vespa nel suo ultimo libro UnItalia diversa. Viaggio nella rivoluzione silenziosa, in uscita il 3 ottobre. E il sospetto che le associazioni di terzo settore usino manovrare i numeri a proprio favore, è puntualmente confermato.
Il giornalista Rai ha semplicemente confrontato i dati sulle frequenze forniti dallArci romana e quelli ufficiali delle scuole. I risultati si riferiscono per ora a un paio di quartieri a forte densità rom, Castel Romano e Tor de Cenci, ma il quadro che se ne ricava è già chiarissimo. Secondo lArci i bambini regolarmente iscritti sarebbero 257. Prima bugia: nei registri ne compaiono una trentina in meno, 224. Le sorprese maggiori, però, riguardano le presenze effettive tra i banchi. Infatti, a sentire lArci, un terzo di loro (82 persone) frequenta assiduamente - si fa per dire -, cioè almeno tra i 140 e i 180 giorni; 61 andrebbero a scuola tra i 70 e i 140 giorni; 33 da 18 a 71 giorni appena; 81 non ci hanno mai messo piede. La cosa sarebbe allarmante di per sé, ma non è ancora tutto. I dirigenti scolastici di Castel Romano tirano ben altre somme. Sono 3 (tre!) i bimbi rom che sono stati in aula il minimo indispensabile per il loro profitto. Tutti gli altri non hanno superato lanno, avendo frequentato meno di 140 giorni di lezione.
Tale discrasia assume contorni perfino grotteschi dalle parti del campo nomadi di Tor de Cenci. Qui ci sono sette scuole elementari e un a scuola media, e lArci ha assicurato ad Alemanno «la frequenza media di 22,7 alunni al mese su 89 iscritti in totale». Magari fosse vero. Scrive Vespa, dopo aver interpellato presidi e professori: «Non ce ne è uno - uno solo - che sia andato a scuola per almeno 144 giorni. Sconfortanti, in particolare, i dati della scuola media: su 39 iscritti soltanto 6 frequentano per più di cento giorni e meno di 120». Insomma, lArci ha bluffato e alla fine batte il Campidoglio per 23 a 0.
«Siamo rimasti di stucco», ammette lassessore comunale alle Politiche educative Laura Marsilio. «Perché si è arrivati a questo punto? Nessuno, incaricato di vigilare, se nè accorto? Abbiamo avviato una severa indagine amministrativa per capirlo». Certo, perché questo significa che il Comune di Roma ha pagato una cifra spropositata, pari a 3,6 milioni lanno, per giunta per un servizio prestato a pochi. Basta una calcolatrice e si scopre che, nellipotesi molto ottimista in cui andassero a scuola tutti i 1.600 rom censiti, il costo pro capite sarebbe di 2.300 euro. Cifra di tutto rispetto. In pratica, però, tra Castel Romano e Tor de Cenci questa sale fino a 7mila euro a testa, anzi in questultimo caso tocca appunto il record di 9mila euro per 23 ragazzini tra i banchi.
A Roma i cinque pullman da 55 posti continuano a passare, tutte le mattine, per i campi nomadi della periferia. Disertato dai piccoli, il servizio è gradito agli adulti che ne approfittano per farsi trasportare in centro a sbrigare i loro dubbi affari: elemosina e molto altro. Un «passaggio» pagato dai romani a caro prezzo.
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