Crisi Usa-Iran, anche nelle carceri romane si alza il livello di allerta

Francesco Basentini, capo del dipartimento amministrazione penitenziaria, scrive alle carceri della capitale: massima allerta contro i radicalismi dei detenuti

Crisi Usa-Iran, anche nelle carceri romane si alza il livello di allerta

Roma serra i ranghi. La crisi mediorientale bussa alle porte dell’Italia e la capitale si prepara a difendersi. Le tensioni tra Usa e Iran minacciano ripercussioni così il capo del dipartimento amministrazione penitenziaria, Francesco Basentini, in una nota, scrive in merito a un “allertamento in ordine alle misure di sicurezza e vigilanza” all’interno delle carceri. Si raccomanda massima attenzione: è in questi luoghi infatti che si consumano maggiormente i reclutamenti di estremisti.

L’Italia non è sola. E in molti si chiedono se gli strateghi di Donald Trump abbiano fatto bene i conti con la storia. Dalla costa est degli Stati Uniti arrivano voci discordi su ciò che sarebbe dovuto accadere. Il partito democratico, partito di opposizione, non ci mette molto a discostarsi dal suo presidente. Per molti di loro è solo un "cowboy esaltato". L’Iran andava trattato diversamente. Andava coccolato e fermato con le buone maniere senza mostrare i muscoli. A questi rispondono i falchi repubblicani che chiedono ancora più decisione nelle posizioni della Casa Bianca. A ciò si aggiungono le posizioni di mezzo Occidente. Tra loro l’Unione Europea. E all’interno di questa, terra culla della civiltà, una piccola Italia: una little Italy incapace di governare i mari agitati della politica internazionale. Ma torniamo alle carceri romane.

Come riscontrato più volte dal monitoraggio che viene svolto quotidianamente dagli uomini del nucleo investigativo centrale della polizia penitenziaria, le condizioni di disagio e vulnerabilità possono incidere in modo preponderante su suggestioni derivanti dalla propaganda jihadista. Da qui al rischio radicalizzazione il passo è davvero breve. Per questo, in considerazione dell’attuale scenario internazionale e della recente crisi dei rapporti fra Stati Uniti e Iran a seguito dell’uccisione del generale Qasem Soleimani (una vera e propria rockstar nella mezza luna sciita), il capo del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha inviato una nota ai direttori e ai comandanti degli istituti, ai provveditori e alle sedi centrali e periferiche del nucleo investigativo centrale e del gruppo operativo mobile per elevare il livello di allerta e di sensibilità nei confronti di un possibile innalzamento della minaccia terroristica.

Basentini ha chiesto di intensificare l’attività di osservazione volta all’individuazione di eventuali segnali di criticità in ordine a tali fatti. Massima attenzione dovrà essere riservata a possibili esternazioni, da parte della popolazione detenuta, di sentimenti antioccidentali o comunque antiamericani che saranno subito segnalate alle competenti articolazioni centrali e territoriali dell’amministrazione. I reparti di polizia penitenziaria degli istituti innalzeranno inoltre il livello di vigilanza e la sicurezza interna ed esterna di ogni struttura, così come saranno potenziati anche i servizi di traduzione e piantonamento dei detenuti all’esterno delle carceri.

L’attività silenziosa svolta dagli uomini tra le mura degli istituti penitenziari conta numeri che pesano in maniera importante nel contrasto al rischio radicalizzazione. Al 31 dicembre scorso, 435 erano i detenuti monitorati per terrorismo internazionale (di cui 52 in regime di alta sicurezza), 69 le espulsioni originate da segnalazioni del nucleo, 48 le sessioni di analisi operativa presso il comitato di analisi strategica antiterrorismo (Casa).

Insomma un’azione che fa promettere allo Stato italiano massima attenzione a potenziali terroristi pronti a colpire nel nostro Paese.

Siamo lontani migliaia di chilometri tra gli snodi della diplomazia internazionali. Ma le sorti del mondo passano inevitabilmente anche da qui. Da una potenza che vivacchia sulle ceneri di un vecchio impero: da Roma caput mundi.

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