Cronaca locale

Lazio, mancano trentamila camerieri e baristi

Lazio, mancano trentamila camerieri e baristi

I dati diffusi da Confesercenti parlano chiaro: nel mondo della ristorazione per la sola regione Lazio sono scoperti almeno trentamila posti di lavoro, tra camerieri, baristi e altri addetti. Come si può spiegare questa carenza così alta di forza lavoro? Due sono i motivi principali, come spiega a Repubblica Claudio Pica, presidente Fiepet Confesercenti Roma. "Prima di tutto la lunga pandemia: in parecchi sono usciti dal settore per andare in altri che sembravano offrire maggiori certezze (artigianato, industria, servizi, gare d'appalto, c'è persino chi ha chiuso l'attività ed è andato a lavorare per le Ferrovie). C'è anche chi è riuscito a farsi licenziare dalla cassa integrazione, che consente l'accesso alla Naspi (Nuova Assicurazione Sociale per l'Impiego)". Tradotto in soldoni si parla di due anni con un assegno sicuro. Poi c'è un altro problema, già noto: il reddito di cittadinanza. "Tantissimi preferiscono questo a un impiego, poi arrotondano con qualche lavoretto in nero, arrivando così a 1.300-1.400 euro al mese lavorando pochissimo".

Insomma, il lavoro c'è (o ci sarebbe), manca la fame. Cioè la voglia di mettersi in gioco per uno stipendio che ovviamente non è alto, ma consente pur sempre di vivere, sia pure facendo qualche sacrificio. Specie in una grande città, dove i costi notoriamente sono più alti. Il fatto che facilmente si riesca a mettere in tasca un gruzzoletto di 700-800 euro senza fare nulla disincentiva il lavoro. Perché faticare se puoi avere la stessa somma restando sdraiato sul divano o passeggiando nel parco? Ovviamente senza sforzi e senza progetti non c'è futuro, ma questo è un altro discorso.

C'è anche chi preferisce vivere alla giornata, non vede o non vuol neanche pensare al futuro, e si accontenta dell'oggi. E spesso preferiscono guadagnare qualcosa di più, grazie al lavoro in nero, che avere i contributi regolarmente versati.

Il problema non è di poco conto.

La politica deve affrontarlo, se vuole evitare di danneggiare oltremodo diversi settori dell'economia, già affossati da un anno e mezzo di emergenza sanitaria.

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