Cronaca locale

L'effetto Covid sul commercio: a Roma chiudono 3mila attività

Secondo i dati diffusi dalla Confesercenti, nella Capitale il 4 per cento degli 80mila negozi che vendono abbigliamento, calzature e articoli per la casa non ha resistito alla crisi. Ad ottobre a rischio 26mila attività. Pesano il crollo del turismo e lo smart working

L'effetto Covid sul commercio: a Roma chiudono 3mila attività

I turisti che mancano all’appello, migliaia di dipendenti rimasti a lavorare in smart working, la crisi economica che pesa sui consumi dei cittadini. Così le vie del centro storico della Capitale si sono svuotate e con loro anche centinaia di negozi. Il risultato, secondo quanto assicura a Repubblica il presidente di Confesercenti, Walter Giammaria, è che il prossimo autunno solo a Roma potrebbero abbassarsi per sempre almeno 26mila serrande.

Quelli forniti dal portavoce dei negozianti romani sono numeri catastrofici: un’attività commerciale su tre rischia di non sopravvivere all’estate. Sono gli effetti del Covid sull’economia. Disastrosi, nella Città Eterna, come nel resto d’Italia. Rimangono deserti i centri storici di Venezia, Firenze, Torino, Milano. Meno 34 milioni di turisti dall’estero hanno scelto le città d'arte italiane per le vacanze. Il danno economico per il 2020, secondo la stessa organizzazione sarà di circa 7 miliardi di euro.

A pagare il prezzo più alto, oltre alle attività commerciali, ci sono ristoranti e hotel. Passeggiando per le vie del centro sono decine quelli con i portoni murati da grossi pannelli di legno. Le strade eleganti del Tridente contano decine di saracinesche abbassate. In 3mila, secondo i dati forniti dal presidente di Confesercenti Roma, hanno già fatto la scelta più dura, quella di chiudere per sempre l’attività. Le vendite promozionali iniziate già da fine giugno in molti esercizi, e i saldi posticipati al primo agosto, non sono serviti a risollevare il fatturato.

Il budget per gli acquisti di abbigliamento e calzature è calato del 20 per cento rispetto allo scorso anno, passando da 146 a 116 euro, sempre secondo un sondaggio della stessa organizzazione. Non c’è solo la paura per il futuro a chiudere i portafogli, ma anche l’effetto smart working. Con migliaia di dipendenti che continuano a lavorare da casa crollano i consumi nel campo della ristorazione, ma anche dell’abbigliamento. Del resto, nota Giammaria, l’acquisto di un abito o di un paio di scarpe nuovi diventa superfluo se non si esce più per andare in ufficio.

Si stima che soltanto per questo motivo le imprese perderanno fino a 1,76 miliardi di euro nel 2020. La Confesercenti chiede all’esecutivo di intervenire, inserendo nel decreto agosto una "misura che proroghi la sospensione dei mutui e della trasmissione protesti introdotta dal Cura Italia". Provvedimento, quest’ultimo, che scadrà alla fine del mese.

Walter Giammaria, invece, sempre dalle colonne di Repubblica, fa appello al governo perché venga istituita una "zona franca" nel centro di Roma, con uno "sconto sui contributi" e l’introduzione di un "calmiere" per gli affitti dei locali commerciali, così da dare una boccata d'ossigeno ai tanti negozianti messi in ginocchio dagli effetti della pandemia.

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