Cronaca locale

I rom grigliano all'aria aperta: ecco un'altra favela sul Tevere

Sul Lungotevere di Pietra Papa tornano baracche, discariche e roghi tossici. E a Pasqua i nomadi hanno organizzato anche una grigliata all'aria aperta. I residenti denunciano: "Noi con la mascherina e loro in giro per il quartiere"

I rom grigliano all'aria aperta: ecco un'altra favela sul Tevere

A pochi metri dalla pista ciclabile del Lungotevere di Pietra Papa, all’altezza di ponte Marconi, sono tornate le baracche. L’ultimo sgombero nella zona c’è stato soltanto un anno fa, quando le ruspe della Polizia Locale avevano smantellato casupole e cumuli di immondizia. Ma in piena emergenza sanitaria una ventina di nomadi, forse di nazionalità bosniaca, sono tornati a sistemarsi all’altezza del civico 61. "Le capanne sono comparse all’inizio di gennaio all’interno di una zona interdetta dai vigili", ci spiega Piergiorgio Benvenuti, presidente del movimento ambientalista Ecoitaliasolidale e residente della zona.

Dietro le finestre delle proprie case, qui sono tutti preoccupati. "Prendiamo tutte le accortezze, uscite contingentate, mascherine, guanti, mentre loro inforcano la bici e se ne vanno in giro per il quartiere, senza alcun dispositivo di protezione a rovistare nei cassonetti – denuncia Benvenuti – ormai c’è un accumulo enorme di rifiuti, che vengono sversati direttamente nel fiume". Il Tevere all’altezza di ponte Marconi, insomma, si è di nuovo trasformato in una discarica abusiva. E i cumuli di scarti attirano anche gruppi di malcapitati animali, che si cibano fra l’immondizia. "Greggi di pecore o i cavalli dei maneggi qui vicino spesso vengono a pascolare tra i rifiuti", segnala l’attivista.

"Il problema, oltre che ambientale – prosegue – è anche sanitario, nessuno controlla queste persone che sono libere di muoversi senza alcuna precauzione per le vie del quartiere". "La sera – aggiunge Benvenuti, che abita proprio di fronte alla baraccopoli – si riuniscono agli angoli delle strade in gruppo, nonostante sia vietato, insomma siamo tutti molto preoccupati". In un video-denuncia girato all’inizio di marzo si vedono alcuni di loro intenti ad accendere un fuoco tra la vegetazione.

"La situazione – assicura Benvenuti – è la stessa da più di due mesi, la sera non si respira perché bruciano continuamente gli scarti di quello che raccolgono durante il giorno e noi siamo costretti ad inalare i fumi tossici". Più di una persona ha segnalato il caso alla municipale ma nessuno finora, ha preso provvedimenti. Non solo. Il giorno di Pasqua, in una Roma blindata per il Covid-19, con elicotteri e droni che sorvolavano la Capitale a caccia dei trasgressori del lockdown, gli abitanti del camping sul Tevere si concedevano un pranzo comunitario all’aria aperta con tanto di barbecue.

"Mentre i romani stanno seguendo il regime di quarantena con estremo rigore è intollerabile assistere alle passeggiate dei nomadi lungo la pista ciclabile o vedere le ormai note azioni di rovistaggio dei cassonetti", attaccano anche due esponenti leghisti dell’XI Municipio, l’ex capogruppo in consiglio municipale, Daniele Catalano e il coordinatore, Matteo Maione. "Il sistema nomadi va avanti indisturbato nonostante le regole scandite dal governo a causa del covid-19", aggiungono denunciando "l'inefficienza dell'amministrazione grillina".

I residenti, da parte loro, chiedono a gran voce una nuova bonifica dell’area, mentre baracche e canadesi tornano a fare la loro comparsa anche in altri quadranti della città, dal Lungotevere Testaccio a Montemario, dove proprio alle spalle dei palazzi del tribunale di piazzale Clodio sono tornati ad abitare alcuni rom.

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