La Capitale delle baby gang: "Mettono a segno almeno 3 rapine al giorno"

Nella Capitale è boom di baby gang, sono molti i giovanissimi che rubano per noia ma c'è anche chi ha scelto il crimine come professione

La Capitale delle baby gang: "Mettono a segno almeno 3 rapine al giorno"

Rubare per il gusto di farlo, per occupare il pomeriggio e levarsi qualche sfizio. Quello che emerge dalle cronache romane è il ritratto di una generazione di ragazzi annoiati, spesso giovanissimi, che si muovono in gruppo e non conoscono il senso del limite e della giustizia. C’è persino chi è arrivato a puntare un coltello alla gola ad un coetaneo per portagli via una microcar o uno smartphone. Oppure chi rubava collanine d’oro non per necessità “ma solo per sfregio” perchè “con questi soldi ci compriamo le bibite”.

Aberrazioni dettate in molti casi dalla noia e da una percezione della realtà che assomiglia più ad un videogame o ad una serie Tv. Bravate delle quali vantarsi l’indomani sui social network. Ma non solo, perchè ci sono anche dei giovanissimi che hanno fatto del crimine una vera e propria professione ed a furia di delinquere si sono trasformati in banditi. È il caso della baby gang smantellata all’inizio di marzo ad Acilia che in cinque mesi di attività ha seminato il panico a Roma sud collezionando circa quaranta rapine, furti e aggressioni. A dare i numeri del fenomeno sono gli investigatori dell’Arma che parlano di almeno 3 rapine al giorno ma anche di indagini serrate e di un giro di vite che ha portato all’arresto di 4 stranieri, 28 romani e 3 italiani.

Dalle colonne de Il Messaggero, il colonnello Antonio Petti, comandante del Gruppo Roma, spiega: “Non ci occupiamo solo di criminalità organizzata, ma anche dei reati comuni e predatori che sono quelli che colpiscono nel quotidiano i cittadini”. Soprattutto rapine su strada e nelle attività commerciali, come quella messa a segno a gennaio scorso da due diciottenni in un minimarket di Casal Bruciato, che hanno aggredito il proprietario con una mazza da baseball.

Il successo di un’indagine, in casi del genere, dipende “dall’analisi dei video delle telecamere nei negozi o zone limitrofe” che “ci aiutano a ricostruire la serialità, fondamentale per non fermarsi solo all’ultimo caso”.

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