Cronaca locale

La testa del boss Sibillo finisce al Museo criminologico

Dopo essere stata sequestrata dalla cappella costruita dai familiari, la testa (cerata) di Emanuele Sibillo va al Museo criminologico di Roma

La testa del boss Sibillo finisce al Museo criminologico

Emanuele Sibillo, il capo della "paranza dei bimbi", è stato ucciso durante uno scontro a fuoco tra clan camorristici nel 2015 quando aveva solamente 20 anni. La testa di cera del giovane verà esposta nel Museo criminologico di Roma.

Ha acconsentito al prestito il procuratore Giovanni Melillo in quanto rappresenta un interesse criminologico. La testa, precedentemente, si trovava in una cappella (abusiva) realizzata in via Santi Filippo e Giacomo, l'edificio dove abitava il capoclan. La cappella conteneva le ceneri del ragazzo e, tra l'altro, come emerso da un'inchiesta giudiziaria, ha sostituito senza alcuna autorizzazione un'edicola. A possedere le chiavi era la sola famiglia Sibillo. Il manufatto, a onor del vero, è stato smantellato già da diversi mesi in un clima tesissimo in cui familiari e amici del giovane capoclan inveivano contro chiunque provasse ad avvicinarsi.

Attorno alla figura del ragazzo, dopo la sua morte, la camorra è stata in grado di creare un vero e proprio mito che neanche il tempo riesce a demolire. Forse perché nonostante un continuo dentro-fuori dalla prigione (il primo arresto a 15 anni) e due figli era stato capace di formare una banda di giovanissimi dal grilletto facile. Più simile alle bande sudamericane che alla criminalità nostrana. Il ragazzo è stato ucciso alle due di notte non lontano da Castel Capuano, ex sede del Tribunale, durante un violentissimo scontro a fuoco per il controllo di attività illecite nei vicoli del centro storico di Napoli.

Lui e i suoi compagni appartenenti ai Sibillo, una delle articolazioni dell'Alleanza di Secondigliano, contro i rivali dei Buonerba, anche tra questi numerosissimi minorenni. La morte di Emanuele, avvenuta per mezzo di un colpo di pistola nonostante ne fossero stati esplosi tredici, ha portato a cinque condanne di cui tre ergastoli.

Ora però la testa cerata del ragazzo abbandona l'ex edicola e va al Museo criminologico in via del Gonfalone. Quest'ultimo dipende dal Dap, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, ed è stato fondato nel 1930.

Tra gli oggetti presenti troviamo la pistola con cui Gaetano Bresci ha sparato e ucciso Umberto I, i reperti relativi all'omicidio di Pier Paolo Pasolini e vari oggetti di tortura.

Commenti