Romani:«Banda larga, i soldi ci sono»

PROVOCAZIONI Parla il viceministro: «Se Tremonti non ci dà gli 800 milioni, li troveremo sul mercato»

Botta e risposta tra l’amministratore delegato di Ericsson Italia Cesare Avenia e il viceministro Paolo Romani al convegno organizzato dall’azienda svedese sull’evoluzione tecnologica necessaria per costruire la città del futuro. E dato che Ericsson è il maggior produttore la mondo di apparati di reti di telecomunicazione fissa è oltremodo ovvio che il convegno abbia dibattuto sulle immense potenzialità racchiuse nelle reti a banda larga, anzi larghissima, di cui tanto si è parlato nell’ultimo anno.
«Siamo disponibili a partecipare con finanziamenti e competenze alla realizzazione del progetto - ha detto Avenia -. Delle reti a banda larga si è parlato tantissimo ma ancora non si parte perché non si capisce chi dovrebbe essere alla guida. Serve la cabina di regia del governo e l’accordo di tutti gli operatori. L’Agcom c’è, ma manca il governo». Una provocazione che Romani ha subito raccolto ribadendo che la strategia del governo è chiara e precisa. «Il governo sul tema è molto presente - ha detto Romani - ci sono protocolli già definiti con diverse regioni italiane che investiranno soldi propri oltre agli oltre 240 milioni in pancia di Infratel, e a lavori già partiti per 180 milioni. Questi lavori servono a colmare il digital divide che non permette a 7 milioni di italiani di accedere ai servizi a banda larga ma sono anche «propedeutici» per la costruzione della rete di nuova generazione».
All’appello manca però una tranche importante di investimenti ossia quegli 800 milioni bloccati dal Cipe. «Se il ministro Tremonti non ci darà i soldi per il superamento del digital divide li troveremo noi. Siamo in grado di andare sul mercato finanziario - ha aggiunto Romani -. Se presentiamo un progetto serio troveremo qualcuno disposto a investire». Romani ha chiesto anche uno sforzo ad alcune grandi società internazionali che stanno riducendo la presenza in Italia come Nokia Siemens e Alcatel Lucent, tutti grandi produttori di apparati per reti tlc fisse e mobili. «Siamo certi che sulla nuova rete saranno investiti molti capitali - ha spiegato ancora - e le multinazionali che sono presenti in Italia con centri di eccellenza in ricerca e sviluppo e sistemi integrati dovrebbero rimanere e non delocalizzare».
In realtà il dubbio che sulla rete di nuova generazione, per la quale si prevede un investimento tra gli 8 e i 10 miliardi di euro, siano state fatte molte parole e pochi fatti è venuto a molti. Primo fra tutti il presidente dell’Authority per le tlc Corrado Calabrò. «L’idea di dare vita ad una società ad hoc per le nuove reti in fibra ottica formata da operatori, Cassa depositi e prestiti, Regioni e Poste - ha detto Calabrò- per il momento ha ricevuto solo tante manifestazioni di buone intenzioni ma ancora nulla di concreto». Al convegno hanno partecipato anche i rappresentanti delle principali aziende di tlc fisse e mobili presenti in Italia.

Se Wind, Vodafone e Fastweb sono disposti a fare la loro parte per la realizzazione di una rete ultraveloce (fino a 50Mb, quella attuale è 1Mb) al fianco di Telecom, «3» il gestore Umts, ha lanciato l’idea di potenziare le reti mobili. Mentre per Tiscali, alle prese con un momento difficile, solo Telecom ha il dovere di investire sulla rete Ngn, ossia di nuova generazione.

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