Romania salva dal virus dei polli Ora i timori arrivano dalle anatre

Il ministro Storace: «Un vertice Ue su vaccini, controlli e farmaci»

Enza Cusmai

Le anatre morte in Romania non erano infette. Il virus killer, l’N5H1, non c’entra nulla con il loro decesso. L’annuncio è stato diffuso dal portavoce del Commissario europeo alla salute con un certo sollievo. Resta ancora il dubbio sulla Turchia a cui la Ue ha chiuso le porte fino ad aprile dopo la moria di migliaia di tacchini in alcune aziende avicole. Domani anche per Ankara gli esperti londinesi daranno risposte sulle analisi fatte ai pennuti e si potrà capire se il morbo letale sia o meno penetrato nel cuore dell’Occidente.
C’è chi scommette di no. È un super esperto del settore, preside della facoltà di Veterinaria dell’Università di Milano. E lancia segnali rassicuranti su tutta la vicenda del presunto pericolo della pandemia. «Per me non c’entra nulla il virus N5H1. Polli e tacchini saranno stati colpiti da altri ceppi di influenza aviaria, che non arrivano a ricombinarsi nell’uomo - spiega Giorgio Poli -. Anche in Italia dal 1999 fino al 2004 sono stati abbattuti milioni di polli perché colpiti da influenza aviaria ma non c’è stata questa psicosi che considero inaccettabile».
Poli spezza una lancia anche a favore degli uccelli migratori responsabili di essere portatori della micidiale influenza. «Non sono portatori di quel virus perché è talmente virulento che se l’animale si infetta muore prima di svernare. Gli uccelli migratori che arrivano da noi possiedono ceppi di virus influenzali a bassa patogenicità, altrimenti non potrebbero fare migliaia di chilometri». Da questa argomentazione si smonta anche l’appello di diverse associazioni ambientaliste a bloccare la caccia per il pericolo di contagio animale-uomo nell’ambito dell’attività venatoria. «Non è necessario bloccare la caccia. Il contagio innanzitutto dovrebbe avvenire da un animale infetto vivo e non morto o attraverso un contatto diretto delle sue feci», spiega Poli. Nessun rischio dunque per i capi già morti. Ma Poli affida a chi imbraccia la doppietta un compito. «I cacciatori potrebbero però diventare delle vere e proprie sentinelle sulla presenza di eventuali virus negli animali. Come? Dovrebbero fare un controllo virologico e sierologico soprattutto alle anatre selvatiche abbattute per verificare un eventuale contagio con i virus».
L’esperto suggerisce cautela ma ridimensiona il fenomeno su cui ormai regna un’attenzione planetaria. L’Organizzazione mondiale della Sanità sollecita la preparazione di dosi massicce di vaccino, i Paesi europei intensificano i controlli alle frontiere, Germania a Francia annunciano una mobilitazione generale, in Italia il ministro della Salute chiede misure coordinate all’interno dei Paesi Ue. Ieri Storace ha avuto una lunga conversazione telefonica con il commissario europeo alla Salute a cui ha sollecitato un vertice su vaccini, farmaci e controlli. La risposta è stata l’assicurazione a discutere delle tematiche in un incontro informale dei ministri della Sanità che si terrà in Inghilterra tra il 20 e il 21 ottobre. Il commissario europeo, del resto, pensa che sia fondamentale la distribuzione dei medicinali alle popolazioni che ne avranno bisogno. Ed è scontato che l’emergenza, se ci sarà, scatterà innanzitutto in Oriente dove la promiscuità tra animali di allevamento e uomo è strettissimo. Il Vietnam, Paese in cui il virus dei polli ha colpito milioni di capi e contagiato 44 persone (su 60 in tutta l’Asia) ha chiesto 5 milioni di dollari in prestito per organizzare un piano di contrasto di un’eventuale recrudescenza dell’influenza aviaria.
«In quei Paesi la promiscuità tra uomo e animali è allucinante - racconta il professor Poli - e in condizioni di igiene impossibili. E nonostante questa situazione solo poche persone, peraltro immunodepresse, sono state contagiate».

Il rischio di una pandemia a Poli appare «remoto», nel frattempo, per sdrammatizzare, consiglia di portare a tavola delle belle cosce di tacchino: «Sono gustose al forno con degli aromi. In famiglia le mangiamo con estrema tranquillità».

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