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Romano prepara l’addio: il traditore è Casini

RomaSe non è il divorzio definitivo dal partito poco ci manca. Saverio Romano in una sola giornata si è dimesso da segretario regionale dell’Udc siciliano, ha rinunciato al comitato nazionale dei garanti del Partito della nazione - embrione del terzo polo centrista - e non ha preso parte a una votazione politicamente importante come quella sulle intercettazioni di Nicola Cosentino. Avrebbe votato secondo le indicazioni del gruppo, cioè a favore dell’utilizzo delle registrazioni, insieme alle opposizioni di centrosinistra, ma non ha potuto.
«Sono arrivato in ritardo», ha spiegato. Ma si rafforza l’impressione che dell’Udc gli sia rimasta solo la tessera in tasca, la carta intestata e una collocazione nell’Aula di Montecitorio. Un piede dentro il quartiere generale di via dei Due Macelli lo tiene ancora, ma solo perché tutti capiscano che è Casini a cacciare lui e gli altri dissidenti e non il contrario. Romano si limita a rinunciare agli incarichi e motiva la scelta in primo luogo con l’appoggio dell’Udc al nuovo governo siciliano di Raffaele Lombardo, deciso da Casini, senza passare dagli organi regionali del partito.
È il leader che mi sta dimissionando, spiega. Un licenziamento «per ora senza lettera» e senza motivazioni plausibili. Perché «non è vero che sto trattando con Berlusconi». Di una «falsità assoluta», l’idea che lui e gli altri dissidenti, stiano «col cappello in mano» a palazzo Grazioli. Semmai ci sono andati altri, «come dimostrano recenti nomine Udc». «Offensivo» il riferimento agli apostoli e ai Giuda che tradiscano. È stato chi l’ha pronunciato, Casini, a tradire l’idea «del partito del quale facevo parte, quello dell’opposizione responsabile», che valuta le leggi e non si fa problemi a votarle se sono giuste. Casini ha chiesto le dimissioni di Berlusconi, prima di sentire cosa dirà in Parlamento mercoledì prossimo, un atteggiamento «dipietresco» che l’esponente centrista non tollera. E al quale risponde assicurando che lui deciderà cosa votare solo dopo avere ascoltato le ragioni del presidente del Consiglio. Pronto anche a votare in dissenso rispetto al gruppo centrista.
L’accordo di appoggiare la giunta siciliana «con il Pd di D’Alema e Bersani», Fli e Api, poi, è stata l’ultima goccia, «la prova di alcuni indizi che avevo da tempo». L’anticipazione di u ribaltone nazionale pro Pd. Infine ci sono i «segni di intolleranza» verso chi non è in linea con il leader. Ad esempio il «mobbing» contro il deputato Pisacane espulso dal gruppo Udc della Camera per un’intervista. Romano ha chiesto ufficialmente al segretario d’aula Angelo Compagnon di reintegralo, ma - ha raccontato lui stesso - gli hanno spiegato che la decisione è stata presa direttamente da Casini e non è sindacabile Ora tocca a Romano, ai siciliani e gli altri centristi perplessi per l’andazzo filo Pd preso dall’Udc? «Casini - spiega Romano - mi vuole spingere fuori dal partito il più presto possibile. Io gli dico che deve pazientare. Non mi faccio intimidire. Non sono pronto a lasciare il partito».
Ma un pensiero al post 29 settembre Romano l’ha già fatto.

«Se dovessero sfrattarmi avrei davanti a me tre possibilità: o prendere casa in prestito da amici, ma non lo farò, andare sotto un ponte, ma rischierei di prendere un raffreddore, o costruirmi una capanna». E si capisce che è proprio la scelta di un partito-capanna tutto suo quella che Romano intende fare.

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